Dottrina sociale della Chiesa

Dottrina sociale della Chiesa e la persona umana

Natura e storia della Dottrina Sociale della Chiesa

Iª Lezione Schemi tratti da: 1. Teologia e società di Hernan Fitte 2. Compendio della Dottrina sociale della Chiesa La persona umana vive per sua natura in società Ogni persona è invitata a scoprire e realizzare la sua dimensione sociale L’ordine sociale è conseguenza degli atti umani individuali e liberi La società non è frutto di forze anonime né di fatalità che incombono incontrollate e senza senso.

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Diritto Canonico I

Grazia e carità, pastorale e carisma non si possono realizzare senza l’ordine della giustizia; questa è come l’alveo entro il quale la varietà dei doni, dei compiti o delle semplici qualità umane concorrono ad edificare la comunità ecclesiastica senza distruggerne l’unità.[…] La Chiesa è dunque una unità carismatica e istituzionale; conoscerla a fondo richiede conoscere anche il ruolo del diritto nella sua vita.

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Storia della Chiesa Moderna e cotemporanea

L’oggetto della storia della chiesa è la crescita nel tempo e nello spazio della chiesa fondata da Cristo. Ricevendo questo suo oggetto dalla teologia e ritenendolo per fede, essa è una disciplina teologica e si distingue da una storia del cristianesimo. Il suo punto di partenza teologico, il concetto di chiesa, non va tuttavia compreso nel senso che la struttura della chiesa debba aprioristicamente esser presa come schema della narrazione storica, limitando o impedendo l’accertamento empirico-storico delle sue manifestazioni di vita sulla base delle fonti storiche.

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Teologia Spirituale II

Come i primi cristiani, uno spirito vecchio e nuovo come il vangelo. La Perdita di sensibilità nel periodo medievale, e l’inizio del recupero nell’età moderna come adattamento delle spiritualità religiose ai laici. Il Contesto degli insegnamenti di S. Josemarìa. La Azione cattolica e la cooperazone degli apostolati dei laici nella vita della Chiesa. La dottrina di S. Tommaso come base dell’insegnamento della vita spirituale. Destinatari degli insegnamenti di S. Josemarìa: L’unità e la diversità di vocazioni nel mezzo del mondo.

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Scritti Giovannei e lettere cattoliche

La forma del racconto giovanneo

Introduzione

«Ci sono molte altre cose che fece Gesù, che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere» (Gv 21, 25). Si difende, come se fosse stato accusato di dilungarsi troppo. Perché tale timore? Perché il libro era già arrivato a conclusione, ma lo scrittore ha ritenuto necessario proseguire la narrazione.
L’intero capitolo 21 è un supplemento, che segue la prima conclusione di Gv 20,30-31: «Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome».
Possiamo riconoscervi quattro elementi:

1) il Quarto Vangelo si presenta come un libro

Cioè come un testo scritto che riunisce in unità una molteplicità di azioni. Qual è la forma che conferisce unità alle molte azioni?

Il Quarto Vangelo si presenta come il libro dei segni compiuti da Gesù (cfr Gv 20, 30-31; 21, 25). I segni non sono però meramente elencati: essi sono organizzati sotto forma di racconto. Il racconto (mythos) si definisce come «imitazione
(mimêsis) di un’azione»: è dunque qualcosa di diverso dalle azioni (pragmata), ma le presuppone e non può esistere senza di esse. Il primato delle azioni determina il primato della trama: da essa dipende principalmente l’efficacia di un racconto

2) Il libro raccoglie i segni (sêmeia) compiuti da Gesù.

Per loro natura, i segni sono atti a indicare una realtà ulteriore, che senza di essi non sarebbe evidente.

La parola «segno» (sêmeion) ricorre in Giovanni 17 volte 11 . Può sorprendere il fatto che, al di fuori della conclusione, il termine compare soltanto dal capitolo 2 al capitolo 12. Qual è allora il contenuto dei capitoli 13-20? Perché non si parla più di segni? Per rispondere, occorre prima studiare che cosa s’intende per segno lì dove il termine sêmeion è presente. A Cana di Galilea il primo dei segni conduce i discepoli alla fede (Gv 2, 11); l’ultimo invece, cioè la risurrezione di Lazzaro, induce i capi dei sacerdoti a decretare la morte di Gesù, per timore che tutti credano in Lui (cfr Gv 11, 47-53), e addirittura la morte di Lazzaro (cfr Gv 12, 9-11). La ragione dell’incredulità richiede spiegazione: «Per questo non potevano credere, poiché ancora Isaia disse: “Ha reso ciechi i loro occhi e duro il loro cuore, perché non vedano con gli occhi e non comprendano con il cuore e non si convertano, e io li guarisca!”» (Gv 12, 40; cfr Is 6, 10). Ecco perché i segni non vanno oltre il capitolo 12: perché non bastano per sostenere la fede. Se lo scopo del racconto giovanneo è la fede, e i segni sono insufficienti a sostenerla, è chiaro che per raggiungere lo scopo occorre qualcosa di ulteriore, che riempirà di sé i capitoli successivi.

a) La conversione dell’acqua in vino alle nozze di Cana in Galilea (2,1-11).
b) La guarigione del figlio di un funzionario di Cafarnao (4.46-54).
c) La guarigione di un paralitico vicino alla piscina di Betzata (5,1-16).
d) La moltiplicazione dei pani (6.1-13).
e) Gesù cammina sulle acque del Mar di Galilea (6.16-21).
f) La guarigione dell’uomo nato cieco nella piscina di Siloe (9.1-17).
g) La resurrezione di Lazzaro (11,1-44)

Si è già visto che questi discorsi si alternano spesso ai segni o ad altri episodi e talvolta assumono la forma del dialogo. I principali sono i seguenti:

  • L’acqua viene convertita in vino e purificazione del tempio (2,1-22)
    • Dialogo con Nicodemo e la samaritana:la nuova nascita e il nuovo culto (3.1-21; 4.1-42) *
  • Guarigione del paralitico vicino al pool di Betzata (5,1-16)
    • Discorso sull’autorità di Gesù (5,17-47)
  • La moltiplicazione dei pani (6.1-13)
    • Discorso sul pane della vita (6.26-59)
  • Gesù alla festa dei tabernacoli (7,1-16)
    • Dialoghi e discorso su Cristo, luce di mondo (7.14-52; 8.12-59)
  • Guarigione dell’uomo nato cieco (9,1-7)
    • Discorso su Gesù, giudice, buon pastore, uno con il Padre (9,8-10,39)
  • I greci chiedono di Gesù (12,20-22)
    • Discorso sulla glorificazione di Cristo attraverso la sua morte (12,23-36)
  • Passione e morte di Gesù (18,1-20,31)
    • Preceduti da discorsi d’addio su la vita della Chiesa (13,1-17,26)

3) Lo scopo in vista del quale i segni sono stati scritti è la fede del lettore.

Ma ci si deve domandare: si tratta del primo sorgere della fede? Lo scopo è forse quello di portare il lettore alla fede in Cristo? O si tratta invece della perseveranza nella fede?

Il libro è stato scritto per favorire la fede del lettore (Gv 20, 31) 16 . In alcuni manoscritti del testo greco il verbo è al tempo presente: «Affinché voi crediate» (hina pisteuête); in altri manoscritti, il tempo è invece aoristo: «Affinché voi credeste» (hina pisteusête). In Gv 2, 1-11 la scena si sposta a un banchetto nuziale a Cana di Galilea. Gesù, con la madre e i discepoli, è fra gli invitati. Su richiesta della madre, che osserva che il vino è terminato, Gesù trasforma l’acqua in vino. Il narratore conclude: «Gesù cominciò a compiere i segni (…) e i suoi discepoli credettero in lui» (Gv 2, 11). Il principio dei segni porta al principio della fede.

Gesù poi ribadisce di essere veramente il pane disceso dal cielo e aggiunge che chi mangia la sua carne e beve il suo sangue vivrà in eterno (cfr Gv 6, 43-58). Lo fa pur sapendo che: «Ci sono alcuni tra voi che non credono (pisteuousin)» (Gv 6, 64). L’Evangelista commenta: «Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli non credenti (pisteuontes) e chi era colui che lo avrebbe tradito» (Gv 6, 64). Se si trattasse di uomini che non hanno mai creduto in Gesù, in greco avremmo trovato l’aoristo. Il
greco usa invece per due volte il presente per esprimerne il valore durativo: si potrebbe dire che si tratta di uomini che non perseverano nella fede. Dal discorso del pane di vita in poi la predicazione di Gesù non riscuote più lo stesso successo. «Molti
dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui» (Gv 6, 66). Ci sono, è vero, nuove adesioni: nuovi gruppi cominciano a credere (il greco usa l’aoristo: 7, 31; 8, 30; 10, 42; 11, 45; 12, 42). Ma la loro fede non dura: sorgono gravi dissensi
(cfr Gv 7, 43), tanto che alcuni di loro vogliono arrestare Gesù (cfr Gv 7, 44); poi cercano addirittura di lapidarlo per bestemmia (cfr Gv 8, 59; 10, 31-33), finché il Sinedrio decide di condannarlo a morte (cfr Gv 10, 47-53). Gli altri, anche quando credono in Gesù, non si azzardano a confessare apertamente la loro fede, per timore di essere cacciati dalla sinagoga (Gv 12, 42). Paradossalmente, i segni finiscono con il diventare controproducenti, visto che riescono soltanto a far lievitare l’ostilità contro Gesù.

4) La fede che si vuol favorire nel lettore riconosce in Gesù il Cristo e il Figlio di Dio.

Entrambi i titoli sono usati nell’Antico Testamento, in riferimento al re d’Israele. Occorrerà spiegare il loro significato originario, nonché il senso che assumono quando sono riferite a Gesù.

Il Quarto Vangelo ha una trama di rivelazione, occorre che al lettore sia posta fin dal principio la domanda: chi è Gesù? Il luogo in cui la domanda va posta è l’inizio del racconto, detto proemio. Visto che il Vangelo contiene segni e che il primo di essi viene compiuto a Cana (cfr Gv 2, 1-11), si dovrà chiamare proemio il segmento narrativo che va dal primo apparire in scena dei personaggi fino alle nozze di Cana escluse: da Gv 1, 19 a 1, 51. Prima del proemio, Giovanni contiene quello che si suole
chiamare prologo del Vangelo, che occorrerà studiare in seguito.

Il Proemio

Il proemio si suddivide in quattro scene, separate dall’indicazione del cambio di giorno:

  1. Nella prima scena (Gv 1, 19-28) Gesù non c’è ancora. Il racconto comincia con la testimonianza di Giovanni
  2. Nella seconda scena (Gv 1, 29-34) Giovanni vede Gesù e lo dichiara «agnello di Dio» e «figlio di Dio» (Gv 1, 34)
  3. Nella terza scena (Gv 1, 35-42) non c’è più Gio vanni; ci sono i suoi discepoli, ormai divenuti discepoli di Gesù. Le loro parole confermano in che senso hanno inteso le dichiarazioni di Giovanni (cfr Gv 1, 40): «Abbiamo trovato il Messia» (Gv 1, 41)
  4. Nella quarta scena (Gv 1, 43-51) compare Filippo. Divenuto anche lui discepolo di Gesù, dice a Natanaele: «Abbiamo trovato colui di cui ha scritto Mosè, nella Legge, e i profeti: Gesù di Nazaret, il figlio di Giuseppe» (Gv 1, 45). Filippo e Natanaele condividono l’attesa del Messia; Filippo pensa di averlo trovato in Gesù e rende Natanaele partecipe della scoperta.

Il Vangelo della gloria

Gesù stesso fa riferimento al sopravvenire della novità parlando della propria ora, che è qualcosa di più di un riferimento alle ore del giorno. Il vertice della rivelazione viene raggiunto nei capitoli 13-17, che contengono il racconto della cena (Gv 13), seguito dai discorsi d’addio di Gesù (Gv 14-16) e infine dalla sua preghiera al Padre (Gv 17). Rispetto ai Sinottici, il Quarto Vangelo prolunga notevolmente il racconto della cena. L’importanza che le conferisce conferma che proprio qui si concentra il suo messaggio originale. I riferimenti alla glorificazione si moltiplicano, per culminare nella preghiera di Gesù al Padre. La preghiera esordisce: «Padre, è giunta l’ora. glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te. Tu gli hai dato potere sopra
ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato» (Gv 17, 1-2).

Non si può separare l’amore di Dio dal suo potere, che si manifesta nella risurrezione. Senza il potere di Dio, l’uomo non potrebbe vincere la morte e avere la vita eterna. Simon Pietro vorrebbe seguire Gesù senza por tempo in mezzo: «Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te» (Gv 13, 37). Vorrebbe, ma non è in grado di farlo: gliene manca la forza, che guadagnerà soltanto più tardi, cioè dopo la Pasqua di morte e risurrezione.

Il Prologo

Fin dall’inizio, il lettore guarda a Gesù nella prospettiva della fede, condivisa con l’Evangelista. Le conseguenze sono due: da un lato, per il lettore è molto più facile sciogliere gli enigmi proposti dall’Evangelista o dallo stesso Gesù; dall’altro, si costruisce una solidarietà fra il lettore e l’Evangelista, che insieme possono coniugare il «noi» della comunità dei credenti: «Venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria» (Gv 1, 14); «dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto» (Gv 1, 16).

Il secondo finale

La materia del capitolo 21 è distribuita in due parti. Nella prima, Gesù appare ai discepoli in Galilea, sulla riva del mare di Tiberìade (Gv 21, 1-14). Nella seconda, Gesù dialoga con Simon Pietro (Gv 21, 15-22). Si può dire che Gv 21, 1-14 conduce i discepoli dal misconoscimento alla conoscenza di Gesù, attraverso la manifestazione del suo potere. Si riproduce in
piccolo la trama del «libro dei segni» (Gv 2-12), che si riflette come in uno specchio nella pesca sul mare.

Viene poi il dialogo fra Gesù e Simon Pietro (Gv 21, 15-22). Gesù domanda a Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?» (Gv 21, 15). Alla luce delle parole di Gesù, si capisce ormai in che cosa consista l’amare «di più», su cui Pietro è stato interrogato tre volte. Si tratta dell’amore più grande, che si manifesta nel dono della vita. Si scopre così la funzione della seconda parte di Gv 21: riprendere i temi del «libro della gloria» (Gv 13-20).

Schema storia d’Israele

STORIA DI ISRAELE

PERIODO
EVENTO
ca 1800 a.C. Epoca patriarcale e la promessa di Dio Abramo
ca 1700 a.C. Giuseppe e fratelli in Egitto
ca 1250 a.C. Esodo dall’Egitto Mosè, Aronne, Giosuè
1200-1030 a.C. Periodo dei Giudici Samuele
1030-933 a.C. Inizio del Regno (costruzione Tempio) Saul, Davide, Salomone
933 a.C. Scisma:

  • Nord: Samaria, Israele, (Geroboamo)
  • Sud: Giuda (Roboamo)
Roboamo (Giuda) Figlio di Salomone troppo duro con il popolo

Ma Geroboamo (Israele) costruisce due tempi idolatri (Samaria e Bethel) al Vitello d’oro

900 a.C. Elia, Eliseo (Nord)
800-650 a.C. ? Profeti che si rivolgono a popoli fuori Israele ? Giona: profetizza contro Nìnive (racconto ambientato in epoca Assira, la datazione però non è certa -?-)
740-690 a.C. Periodo della divisione dei due regni Amos (Nord): denuncia le ingiustizie, lo sfarzo e i crimini contro il povero; Il giorno del Signore sarà per voi tenebra e non luce (Cap 5).

Osea (Nord): parallelismo tra il suo matrimonio e lo Sposalizio tra Dio e Isralele (Ti farò mia sposa per sempre!), tradito dal popolo. Ritorno all’ideale del deserto)

ISAIA (Giuda)

Michea (Giuda, Re Ezechìa): Alterna minacce a promesse. Annunzio della nascita del re messia a BetlemmeCap. 5 […] Betlemme […] da te uscirà colui che deve essere il dominatore di Israele […] colei che deve partorire partorirà […] Annunzia il giorno del giudizio divino (distruzione del tempio).

Gioele? (Giuda): prefigurazione dello Spirito Santoforse sacerdote (si rivolge molto a loro);  preannuncia il «Giorno del Signore», punizione e collera e speranza per i giusti (valle di Giosafàt)

721 a.C. Fine regno del Nord di Israele (Assiri)
627-587 a.C. Conquista di Nabucodonosor tre fasi:

  • 605 a.C. occupazione;
  • 598 a.C. Re deportato;
  • 587 a.C. Distruzione del tempio;
GEREMIA: scuote il torpore del popolo con una predicazione che chiede una radicale conversione; appoggia la riforma nazionalista e religiosa del re Giosia (622 a.C.); Viene accusato di pessimismo religioso e di disfattismo politico. Forte crisi religiosa e profetica, descritta nelle “confessioni”. Conclude in Egitto, dove è condotto contro la sua volontà. Imperniato sulla “alleanza nuova” scritta nel cuore d’Israele.

Sofonia (tema del Dies Irae: chiamata alla fedeltà): Prima di Geremia, riforma di Giosìa (618): Profeta del Dies Irae: contro il culto idolatrico, i falsi profeti e le ingiustizie sociali. Profezia messianica: Sof. 1,2-18: Il Signore ha preparato un sacrificio […] . Ha una dimensione di perdono per chi si riavvicina a Dio e castigo per chi sfrutta il povero con ingiustizia.

Naum: annunzia distruzione Nìnive del 612 a.C. con toni molto aspri.

Abacuc (Giuda): contemporaneo di Geremia, profetizza l’invasione dei Babilonesi (Caldei) e la speranza futura. San Paolo cita Abacuc (Rm 1,17), come altri nei primi tempi del Cristianesimo (compare in dipinti, testi, ecc.): Rm 1,17: Il giusto vivrà mediante la fede

597-571 a.C. EZECHIELE: profetizza in Babilonia e incoraggia il popolo di Israele di vivere la Fede e avere fiducia in DioRicorda la responsabilità personale (colpa personale e non dei padri.)

Abdìa: profetizza contro Edòm (discendenti di Esaù); (rientra in anticipo dall’esilio e si scontra contro gli edomiti)

DANIELE: profetizza la liberazione del popolo e di tutta l’umanità; l venuta del Messia atteso

587 a.C.
  • Fine regno di Giuda (Nabucodonosor)
  • Distruzione del tempio
587-538 a.C. Esilio di Babilonia e profetismo
539 a.C. Ciro di Persia conquista Babilonia
538 a.C.  Editto di Ciro e ritorno dall’esilio
538 a.C. ss
  • 515 a.C. Ricostruzione II Tempio (molto povero)
  • 450 a.C. ritorno del popolo di Israele dopo un secolo; [Libri Storici: Esdra e Neemia]
Zaccaria: Sostiene i reduci a Gerusalemme dopo l’esilio, parlando dell’era messianicaZac 9,9 Esulta […] figlia di Gerusalemme, a te viene il tuo re […] giusto e vittorioso […] cavalca un asina […] annunzierà la pace […] dominio da mare a mare […] confini della terra; Zac 12,10 riverserò sopra la casa di Davide uno spirito di grazia e di consolazione […] guarderanno colui che hanno trafitto […]

Aggeo: per i pochi tornati dall’esilio, predica di ricostruire il tempio sollecitando Zorobabele.

Malachia: sollecita Zorobabele e si rivolge ai sacerdoti, denuncia la trascuratezza nel rito divino e profetizza il nuovo culto, il nuovo sacrificio da Oriente a Occidente sarà offerto un sacrificio al Signore. C1p 3,23: io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno grande e terribile del Signore perché converta i cuori dei padri verso i figli… Cap. 1, 11 da oriente a occidente […] è offerto incenso al mio nome e un oblazione pure.

III secolo Periodo ellenistico
200-142 a.C. Dominazione dei Seleucidi (persecuzioni)
167-63 a.C. Epoca dei Maccabei
63 a.C. Giudea provincia romana

 

I libri della Bibbia

Antico Testamento

 Libri  Capitoli  Tempo di composizione
Pentateuco
Genesi (Gn) 50 XI-VI sec. a.C.
Esodo (Es) 40 ”   ”   ”   ”   “
Levitico (Lv) 27 ”   ”   ”   ”   “
Numeri (Nm) 36 ”   ”   ”   ”   “
Deuteronomio (Dt) 34 ”   ”   ”   ”   “
Libri storici
Giosuè (Gs) 24 X-VII sec. a.C.
Giudici (Gdc) 21 VI sec. a.C. (redazione definitiva)
Rut (Rt) 4 VI sec. a.C. (redazione definitiva)
I Samuele (1Sam) 31 VII sec. a.C. (redazione definitiva)
II Samuele (2Sam) 24 VII sec. a.C. (redazione definitiva)
I Re (1Re) 22 VI sec. a.C. (redazione definitiva)
II Re (2Re) 25 VI sec. a.C. (redazione definitiva)
I Cronache (1Cr) 29 IV sec. a.C.
II Cronache (2Cr) 36 IV sec. a.C.
Esdra (Esd) 10 V sec. a.C.
Neemia (Ne) 13 V sec. a.C.
Tobia (Tb) 14 III sec. a.C.
Giuditta (Gdt) 16 II sec. a.C.
Ester (Est) 10 II sec. a.C.
I Maccabei (1Mac) 16 II sec. a.C.
II Maccabei (2Mac) 15 II sec. a.C.
Libri sapienziali
Giobbe (Gb) 42 V sec. a.C.
Salmi (Sal) 150 X-VI sec. a.C.
Proverbi (Pr) 31 V sec. a.C. (redazione definitiva)
Qoèlet (Qo) 12 III sec. a.C.
Cantico dei Cantici (Ct) 8 V sec. a.C.
Sapienza (Sap) 19 I sec. a.C.
Siracide (Sir) 51 II sec. a.C.
Libri profetici
Isaia (Is) 66 VIII-VI-V sec. a.C.
Geremia (Ger) 52 VII-VI sec. a.C.
Lamentazioni (Lam) 5 VI sec. a.C.
Baruc (Bar) 6 VII-VI sec. a.C.
Ezechiele (Ez) 48 VI sec. a.C.
Daniele (Dn) 14 II sec. a.C.
Osea (Os) 14 VIII sec. a.C.
Gioele (Gl) 4 IV sec. a.C.
Amos (Am) 9 VIII sec. a.C.
Abdia (Abd) 1 VI-V sec. a.C.
Giona (Gio) 4 V sec. a.C.
Michea (Mi) 7 VII sec. a.C.
Naum (Na) 3 VII sec. a.C.
Abacuc (Ab) 3 VII-VI sec. a.C.
Sofonia (Sof) 3 VII-VI sec. a.C.
Aggeo (Ag) 2 VI sec. a.C.
Zaccaria (Zc) 14 IV-III sec. a.C.
Malachia (Ml) 3 V sec. a.C.

 

Nuovo Testamento


Capitoli Tempo di composizione
Vangeli
Matteo (Mt) 28 70 o 50-60 d.C.
Marco (Mc) 16 62-67 o 42-45 d.C.
Luca (Lc) 24 70-80 o 50-53 d.C.
Giovanni (Gv) 21 90-100 o 50 d.C.
Atti degli Apostoli (At) 28 70-80 d.C.
Lettere di S.Paolo
Romani (Rm) 16 inverno 57-58 d.C.
I Corinzi (1Cor) 16 primavera 57 d.C.
II Corinzi (2Cor) 13 inverno 57 d.C.
Galati (Gal) 6 58 d.C.
Efesini (Ef) 6 61-63 d.C.
Filippesi (Fil) 4 56 d.C.
Colossesi (Col) 4 61-63 d.C.
I Tessalonicesi (1Tes) 5 51 d.C.
II Tessalonicesi (2Tes) 3 51 d.C.
I Timoteo (1Tm) 6 65 d.C.
II Timoteo (2Tm) 4 67 d.C.
Tito (Tt) 3 65 d.C.
Filemone (Fm) 1 61-63 d.C.
Ebrei (Eb)  13  67 d.C.
Lettere cattoliche
Giacomo (Gc) 5 58 o 62 d.C.
I Pietro (1Pt) 5 64 d.C.
II Pietro (2Pt) 3 70-80 d.C.
I Giovanni (1Gv) 5 95 d.C.
II Giovanni (2Gv) 1 95 d.C.
III Giovanni (3Gv) 1 95 d.C.
Giuda (Gd) 1 70-80 d.C.
Apocalisse (Ap) 22 95 d.C.

La perfetta padrona di casa

Proverbi 31,10-31

Alef
10 Una donna perfetta chi potrà trovarla?
Ben superiore alle perle è il suo valore.

Bet
11 In lei confida il cuore del marito
e non verrà a mancargli il profitto.

Ghimel
12 Essa gli dà felicità e non dispiacere
per tutti i giorni della sua vita.

Dalet
13 Si procura lana e lino
e li lavora volentieri con le mani.

He
14 Ella è simile alle navi di un mercante,
fa venire da lontano le provviste.

Vau
15 Si alza quando ancora è notte
e prepara il cibo alla sua famiglia
e dà ordini alle sue domestiche.

Zain
16 Pensa ad un campo e lo compra
e con il frutto delle sue mani pianta una vigna.

Het
17 Si cinge con energia i fianchi
e spiega la forza delle sue braccia.

Tet
18 È soddisfatta, perché il suo traffico va bene,
neppure di notte si spegne la sua lucerna.

Iod
19 Stende la sua mano alla conocchia
e mena il fuso con le dita.

Caf
20 Apre le sue mani al misero,
stende la mano al povero.

Lamed
21 Non teme la neve per la sua famiglia,
perché tutti i suoi di casa hanno doppia veste.

Mem
22 Si fa delle coperte,
di lino e di porpora sono le sue vesti.

Nun
23 Suo marito è stimato alle porte della città
dove siede con gli anziani del paese.

Samech
24 Confeziona tele di lino e le vende
e fornisce cinture al mercante.

Ain
25 Forza e decoro sono il suo vestito
e se la ride dell’avvenire.

Pe
26 Apre la bocca con saggezza
e sulla sua lingua c’è dottrina di bontà.

Sade
27 Sorveglia l’andamento della casa;
il pane che mangia non è frutto di pigrizia.

Kof
28 I suoi figli sorgono a proclamarla beata
e suo marito a farne l’elogio:

Res
29 «Molte figlie hanno compiuto cose eccellenti,
ma tu le hai superate tutte!».

Sin
30 Fallace è la grazia e vana è la bellezza,
ma la donna che teme Dio è da lodare.

Tau
31 Datele del frutto delle sue mani
e le sue stesse opere la lodino alle porte della città

Letteratura profetica

Struttura dell’antico testamento

La divisione cristiana dell’antico testamento vede i libri:
  1. Storici
  2. Sapienziali
  3. Profetici
In maniera differente da quella cristiana la divisione ebraica prevede:
  1. Torà
  2. Profeti anteriori l’esilio
  3. Profeti posteriori
  4. Scritti
La Letteratura profetica, in ottica cristiana, è completamento della rivelazione dell’antico testamento.
Tra i profeti possiamo distinguere:
  1. I profeti maggiori:
    1. Isaia
    2. Geremia
    3. Ezechiele
    4. Daniele
  2. I profeti minori:
    1. Amos
    2. Osea
    3. Michea
    4. Sofonia
    5. Naum
    6. Abacuc
    7. Aggeo
    8. Zaccaria
    9. Malachia
    10. Gioele
    11. Abdia
    12. Giona
Nel Canone ebraico i 12 profeti minori costituiscono un unico libro così il canone ebraico è di 22, mentre quello cristiano è di 46.

Il Profetismo

In Ebraico Profeta si traduce:
  1. Nabi (termine che appare 115 volte) significa annunciare (come parola comune) ha il significato tecnico di Profeta.
  2. Roè (veggente -prophetès-)
  3. José (17 volte, il contemplante)
  4. ish Eloim (uomo di Dio).

Il profetismo è il dialogo del Dio con il suo popolo. (Cap 3 e 6). Il profeta conosce la realtà e la proietta verso Dio. Il profetismo è stato istituito in Deuteronomio (18, 15-20):

15 Il Signore tuo Dio susciterà per te, in mezzo a te, fra i tuoi fratelli, un profeta pari a me; a lui darete ascolto. 16 Avrai così quanto hai chiesto al Signore tuo Dio, sull’Oreb, il giorno dell’assemblea, dicendo: Che io non oda più la voce del Signore mio Dio e non veda più questo grande fuoco, perché non muoia. 17 Il Signore mi rispose: Quello che hanno detto, va bene; 18 io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò. 19 Se qualcuno non ascolterà le parole, che egli dirà in mio nome, io gliene domanderò conto. 20 Ma il profeta che avrà la presunzione di dire in mio nome una cosa che io non gli ho comandato di dire, o che parlerà in nome di altri dèi, quel profeta dovrà morire.

Nel popolo di Israele ci furono molti profeti buoni, a volte Associazioni profetiche (designate da Dio), che possiamo dividere in:
  1. Anteriori a Samuele (XI a.c.): personaggi attraverso i quali Dio parlava al suo popolo: Abramo, Aronne, Maria, Giosuè, Debora etc…
  2. Posteriori a Samuele (XI a.c.):
    1. Non scrittori: Elia, Eliseo, Natan, Igaat, Eman, Agia (inviato a Geroboamo per dirgli di dividere il regno e assegnando a nord le 10 tribù. A Roboamo viene assegnato il sud e 2 tribù poi quella di Beniamino si fonde con quella di Giuda)
    2. Scrittori: Isaia, Geremia [comprende: “Lamentazioni”, e “Baruc” che si conclude con la lettera di Geremia], Ezechiele, Daniele, Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia. [In tutti questi profeti c’è una vocazione profetica (Isaia, 6) (Geremia, 1, 4)]

Il profeta è l’uomo di Dio: animato dal suo Spirito, ha una parola da rivolgere al re o a Israele da parte di JHWH. Egli esprime il giudizio di Dio sul loro agire. Se Israele e il re sono stati infedeli agli impegni dell’alleanza, la parola del profeta rivela il loro peccato e preannunzia il castigo; se invece il popolo ha già scontato la pena, gli annunzia la prossima liberazione. Il profeta è scelto da Dio (non annunzia cose future) comunica cose del momento, temi fondamentali sono:

  • Chiamata alla fedeltà
  • Tema del monoteismo (gli atri dei sono falsi)
  • Chiamata all’esigenza sulle tematiche etico-morali.
  • Esortazione alla responsabilità personale. es. Geremia 31, 29-30:

In quei giorni non si dirà più: «I padri hanno mangiato uva acerba e i denti dei figli si sono allegati!», ma ognuno morirà per la sua propria iniquità; si allegheranno i denti solo a chi mangia l’uva acerba.

  • Il tema messianico Isaia 12-43. Anche se si deve ricordare che non tutto il profetismo si rivolge al messianismo.
Encicliche importanti per capire i profeti:
  • Providentissimus Deus (18 novembre 1893) LEONE XIII;  sull’ermeneutica biblica
  • Spiritus Paraclitus (15 Settembre 1920) BENEDETTO XV; che spiega il lavoro di S. Girolamo
  • Divino Afflante Spiritu (30 settembre 1943) PIO XII; sull’esegesi moderna

Tappe della storia di Israele:

  1. 2000 a.C. Abramo da Ur fino all’Egitto
  2. 1200 a.C. Mosè (non è un profeta), dall’Egitto alla terra di Canan
  3. 1100 a.C. Giudici (Samuele l’ultimo dei giudici e primo dei profeti), la prima forma di governo della terra promessa
  4. Saul, Davide (profeta Natan), Salomone
  5. Alla morte di Salomone Divisione tra
    • Nord Geroboamo (capitale Samaria) , Elia e Eliseo profetizzano
    • Sud Roboamo (capitale Gerusalemme) tutti gli altri
  6. 780 a.C. Assiri invadono il nord. La prima deportazione che consiste più in una colonizzazione della Samaria per opera degli Assiri.
  7. 540 a.C. Esilio di Babilonia (deportazione di Gerusalemme) fino al 508 a.C. Ciro per mezzo del suo editto permette il ritorno degli ebrei a Gerusalemme.
  8. Alessandro Magno e i Filistei. La divisione dei diadochi: Tolomei e poi i Seleucidi (II sec a.C.) che lanciano persecuzione agli ebrei risvegliando il nazionalismo dei maccabei. Così finisce il profetismo.

Inquadramento storico dei profeti

Dal punto di vista storico distinguiamo tra

  • profeti dell’epoca monarchica:
    • 931 a.C. (X sec. a.C.) Morte di Salomone e divisione del Regno Roboamo (sud) Geroboamo (nord)
    •  per il regno del nord (VIII sec. a.C.)
       per il regno del sud (VIII sec. a.C.) assistono alla disfatta del Nord
    • 722 a.C. (fine VIII sec a.C.) Il regno del Nord viene invaso dagli Assiri
    •  per il regno del sud (VII sec. a.C.) assistono alla disfatta del Sud
    • 587 a.C. Il regno del Sud è invaso dai Babilonesi
  • profeti dell’esilio: L’esilio babilonese dura dal 587 al 538 a.C. Ai suoi inizi risalgono le Lamentazioni;
    •  (VI sec. a.C.);
  • profeti del dopo-esilio:
  • Il libro di Daniele è da porsi verso la fine della prima metà del II sec. a.C.

Alcune caratteristiche dei libri profetici

  1. Contengono gran parte del ministero del profeta (a volte alcuni anni) non sempre ne contengono la totalità del ministero. Esempio: Parte del ministero di Isaia è contenuto esclusivamente nel libro dei Re
    • 587 a.C. Nabucodonosor la la prima distruzione di Israele (Geremia, 2 libro dei re)

2 Re 23:36 Quando divenne re, Ioiakìm aveva venticinque anni; regnò undici anni in Gerusalemme. Sua madre, di Ruma, si chiamava Zebida, figlia di Pedaia. [37] Fece ciò che è male agli occhi del Signore, secondo quanto avevano fatto i suoi padri. [Re 24:1] Durante il suo regno, Nabucodonosor re di Babilonia gli mosse guerra; Ioiakìm gli fu sottomesso per tre anni, poi gli si ribellò. [2] Il Signore mandò contro di lui bande armate di Caldei, di Aramei, di Moabiti e di Ammoniti; le mandò in Giuda per annientarlo, secondo la parola che il Signore aveva pronunziata per mezzo dei suoi servi, i profeti. [3] Ciò avvenne in Giuda solo per volere del Signore, che volle allontanarlo dalla sua presenza a causa del peccato di Manàsse, per tutto ciò che aveva fatto, [4] e anche a causa del sangue innocente versato quando aveva riempito di sangue innocente Gerusalemme; per questo il Signore non volle placarsi. [5] Le altre gesta di Ioiakìm e tutte le sue azioni sono descritte nel libro delle Cronache dei re di Giuda. [6] Ioiakìm si addormentò con i suoi padri e al suo posto divenne re suo figlio Ioiachìn.

    • 70 d.C Tito è autore della seconda distruzione di Gerusalemme
  1. A volte manca un ordine cronologico
  2. I profeti comunicavano oralmente, sono stati mesi per iscritto soltanto in un secondo momento. [Si crea il problema che per poter recuperare il discorso integralmente si doveva ricostruire: non esistevano vocali (VI e IX d. C) (Qumram).
  3. Per conoscere i libri profetici bisogna conoscere i libri storici.
  4. Per conoscere i libri profetici è utile conoscere i numeri simbolici.

I profeti maggiori

Isaia

VIII sec. Isaia [740 a.C.-690 a.C.] (nel 721 a.C. avviene la distruzione del regno del nord per mano degli Assiri – fine dell’impero assiro) Contemporanei Amos, Osea, Michea. Isaia predica nell’epoca di 4 Re: Ozia Giotan, Acaz, Ezechia (primo re del Sud)
L’opera di Isaia si può dividere in 3 parti:
Cap. 1-39. Isaia I (765 -700 a.C.)
Isaia I è il primo grande profeta del regno di Giuda. La sua predicazione si svolge dal 740 al 700 a.C. Egli è presente in tutti gli aspetti della vita del popolo: quelli politici, come consigliere del re, e quelli religiosi, come denunziatore, al pari di Amos, delle ingiustizie sociali e di un culto senza anima e in stridente contrasto con la vita morale. A tutti propone la fede incrollabile in JHWH, più potente di tutti i nemici e delle potenze ritenute invincibili, come l’Assiria (cf. Is 7,9b; 28,16; 30,15). È il profeta del messianismo regale, attraverso il quale Dio si fa vicino al suo popolo nei momenti difficili (cf. Is 7-12). Il suo stile è tra i più elevati della poesia ebraica. La sua profezia è contenuta nei cap. 1-39 del libro che porta il suo nome, formato da piccole raccolte, cui i discepoli collegarono diverse aggiunte (in particolare le due “apocalissi” dei cap. 24-27 e 34-35).Il regno del Nord, inizia a sentire la minaccia dell’Assiria e vuole coinvolgere la Siria e il regno del Sud perché si uniscano a loro per combattere gli Assiri. Isaia scoraggia questa alleanza, la vede come unione agli infedeli.
La vocazione
Isaia 6:1 Nell’anno in cui morì il re Ozia, io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il tempio. 2 Attorno a lui stavano dei serafini, ognuno aveva sei ali; con due si copriva la faccia, con due si copriva i piedi e con due volava. 3 Proclamavano l’uno all’altro: «Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti. Tutta la terra è piena della sua gloria». 4 Vibravano gli stipiti delle porte alla voce di colui che gridava, mentre il tempio si riempiva di fumo. 5 E dissi: «Ohimè! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito; eppure i miei occhi hanno visto il re, il Signore degli eserciti». 6 Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall’altare. 7 Egli mi toccò la bocca e mi disse: «Ecco, questo ha toccato le tue labbra, perciò è scomparsa la tua iniquità e il tuo peccato è espiato».
8 Poi io udii la voce del Signore che diceva: «Chi manderò e chi andrà per noi?». E io risposi: «Eccomi, manda me!».
Is 7-11 Varie profezie Messianiche
L’Emmanuaele
Isaia 7:10 Il Signore parlò ancora ad Acaz: 11 «Chiedi un segno dal Signore tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure lassù in alto». 12 Ma Acaz rispose: «Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore». 13 Allora Isaia disse: «Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta di stancare la pazienza degli uomini, perché ora vogliate stancare anche quella del mio Dio? 14 Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele. 15 Egli mangerà panna e miele finché non imparerà a rigettare il male e a scegliere il bene. 16 Poiché prima ancora che il bimbo impari a rigettare il male e a scegliere il bene, sarà abbandonato il paese di cui temi i due re. 17 Il Signore manderà su di te, sul tuo popolo e sulla casa di tuo padre giorni quali non vennero da quando Efraim si staccò da Giuda: manderà il re di Assiria».
Ci è stato dato un figlio
Isaia 9:5 Poiché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il segno della sovranità ed è chiamato: Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace; 6 grande sarà il suo dominio e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e sempre; questo farà lo zelo del Signore degli eserciti. 7 Una parola mandò il Signore contro Giacobbe, essa cadde su Israele.
Radice di Iesse

Isaia 11:1 Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici.
2 Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e di intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore. 3 Si compiacerà del timore del Signore. Non giudicherà secondo le apparenze e non prenderà decisioni per sentito dire; 4 ma giudicherà con giustizia i miseri e prenderà decisioni eque per gli oppressi del paese. La sua parola sarà una verga che percuoterà il violento; con il soffio delle sue labbra ucciderà l’empio.
5 Fascia dei suoi lombi sarà la giustizia, cintura dei suoi fianchi la fedeltà. 6 Il lupo dimorerà insieme con l’agnello, la pantera si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un fanciullo li guiderà. 7 La vacca e l’orsa pascoleranno insieme; si sdraieranno insieme i loro piccoli. Il leone si ciberà di paglia, come il bue. 8 Il lattante si trastullerà sulla buca dell’aspide; il bambino metterà la mano nel covo di serpenti velenosi. 9 Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno in tutto il mio santo monte, perché la saggezza del Signore riempirà il paese come le acque ricoprono il mare. 10 In quel giorno la radice di Iesse si leverà a vessillo per i popoli, le genti la cercheranno con ansia, la sua dimora sarà gloriosa.

Cap. 40 – 55. Secondo Isaia
“Secondo Isaia” (o “Deutero-Isaia”) indica un profeta anonimo della fine dell’esilio, la cui predicazione è contenuta nei cap. 40-55 del libro di Isaia. Nelle prime vittorie di Ciro re di Persia (550 a.C.) egli intravede la possibilità della liberazione dei suoi compatrioti esiliati. La sua profezia è pertanto un invito alla “consolazione” e alla speranza: JHWH sta per compiere i prodigi di un “nuovo esodo”, più portentoso del primo, e farà di Gerusalemme una città più gloriosa della precedente. Il Secondo Isaia è il profeta del monoteismo più rigoroso, della sapienza e della provvidenza insondabili di Dio, dell’universalismo religioso intorno a Gerusalemme. Un posto importante hanno nel libro i quattro carmi del “Servo di JHWH” (cf. Is 42,1-9; 49,1-7; 50,4-11; 52,13-53,12) – figura della comunità d’Israele o più probabilmente personaggio individuale storico -, che i cristiani vedono pienamente realizzati in Gesù di Nazaret: Messia, Figlio dell’uomo e Servo obbediente di Dio.
L’Epoca di Ciro il Grande 560 a.C. 530 a.C. Il Cilindro di Ciro. Grazie all’editto di Ciro i diversi popoli deportati potevano tornare alle proprie nazioni, compreso il popolo d’Israele. Si possono leggere diverse prefigurazioni della passione del Signore.
Is. 42,1-7 Prefigurazione della Passione
Isaia 42:1 Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio. Ho posto il mio spirito su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni. 2 Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, 3 non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta. Proclamerà il diritto con fermezza; 4 non verrà meno e non si abbatterà, finché non avrà stabilito il diritto sulla terra; e per la sua dottrina saranno in attesa le isole. 5 Così dice il Signore Dio che crea i cieli e li dispiega, distende la terra con ciò che vi nasce, dà il respiro alla gente che la abita e l’alito a quanti camminano su di essa: 6 «Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia e ti ho preso per mano; ti ho formato e stabilito come alleanza del popolo e luce delle nazioni, 7 perché tu apra gli occhi ai ciechi e faccia uscire dal carcere i prigionieri, dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre.
Is. 49, 1-6:  Vocazione del popolo di Israele
Isaia 49:1 Ascoltatemi, o isole, udite attentamente, nazioni lontane; il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fino dal grembo di mia madre ha pronunziato il mio nome. 2 Ha reso la mia bocca come spada affilata, mi ha nascosto all’ombra della sua mano, mi ha reso freccia appuntita, mi ha riposto nella sua faretra. 3 Mi ha detto: «Mio servo tu sei, Israele, sul quale manifesterò la mia gloria». 4 Io ho risposto: «Invano ho faticato, per nulla e invano ho consumato le mie forze. Ma, certo, il mio diritto è presso il Signore, la mia ricompensa presso il mio Dio». 5 Ora disse il Signore che mi ha plasmato suo servo dal seno materno per ricondurre a lui Giacobbe e a lui riunire Israele, – poiché ero stato stimato dal Signore e Dio era stato la mia forza – 6 mi disse: «E’ troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti di Israele. Ma io ti renderò luce delle nazioni perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra».
Is. 50, 4-11: Prefigurazione della Passione
Isaia 50:4 Il Signore Dio mi ha dato una lingua da iniziati, perché io sappia indirizzare allo sfiduciato una parola. Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come gli iniziati.
5 Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro. 6 Ho presentato il dorso ai flagellatori, la guancia a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. 7 Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto confuso, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare deluso. 8 E’ vicino chi mi rende giustizia; chi oserà venire a contesa con me? Affrontiamoci. Chi mi accusa? Si avvicini a me. 9 Ecco, il Signore Dio mi assiste: chi mi dichiarerà colpevole? Ecco, come una veste si logorano tutti, la tignola li divora. 10 Chi tra di voi teme il Signore, ascolti la voce del suo servo! Colui che cammina nelle tenebre, senza avere luce, speri nel nome del Signore, si appoggi al suo Dio. 11 Ecco, voi tutti che accendete il fuoco, e tenete tizzoni accesi, andate alle fiamme del vostro fuoco, tra i tizzoni che avete acceso. Dalla mia mano vi è giunto questo; voi giacerete fra le torture.
Is. 52,13-53,12: Prefigurazione della Passione
Isaia 52:13 Ecco, il mio servo avrà successo, sarà onorato, esaltato e molto innalzato.
14 Come molti si stupirono di lui – tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto e diversa la sua forma da quella dei figli dell’uomo – 15 così si meraviglieranno di lui molte genti; i re davanti a lui si chiuderanno la bocca, poiché vedranno un fatto mai ad essi raccontato e comprenderanno ciò che mai avevano udito. 
Isaia 53:1 Chi avrebbe creduto alla nostra rivelazione? A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore? 2 E’ cresciuto come un virgulto davanti a lui e come una radice in terra arida. Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per provare in lui diletto. 3 Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia, era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. 4 Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. 5 Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti. 6 Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti. 7 Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca. 8 Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo; chi si affligge per la sua sorte? Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi, per l’iniquità del mio popolo fu percosso a morte. 9 Gli si diede sepoltura con gli empi, con il ricco fu il suo tumulo, sebbene non avesse commesso violenza né vi fosse inganno nella sua bocca. 10 Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori. Quando offrirà se stesso in espiazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. 11 Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà la loro iniquità. 12 Perciò io gli darò in premio le moltitudini, dei potenti egli farà bottino, perché ha consegnato se stesso alla morte ed è stato annoverato fra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i peccatori. 
SERVO SOFFERENTE: Il mio servo sarà innalzato […] sfigurato il suo aspetto […]
Cap. 56 – 66.
“Terzo Isaia”  (520 480 a.C.) è denominato il profeta a cui si attribuiscono i cap. 56-66 del libro di Isaia. Alcuni brani di questi capitoli sono però da considerarsi opera del Secondo Isaia (cf. Is 60-62). Di questo profeta, del resto, il Terzo Isaia continua la predicazione nella nuova situazione del dopo-esilio, insistendo sulla gloria di Gerusalemme (cf. Is 65-66).
Il ritorno da Babilonia, speranza per una ricostruzione, importante il cap. 61
Isaia 61:1 Lo spirito del Signore Dio è su di me perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, 2 a promulgare l’anno di misericordia del Signore, un giorno di vendetta per il nostro Dio, per consolare tutti gli afflitti, 3 per allietare gli afflitti di Sion, per dare loro una corona invece della cenere, olio di letizia invece dell’abito da lutto, canto di lode invece di un cuore mesto. Essi si chiameranno querce di giustizia, piantagione del Signore per manifestare la sua gloria. 4 Ricostruiranno le vecchie rovine, rialzeranno gli antichi ruderi, restaureranno le città desolate, devastate da più generazioni. 5 Ci saranno stranieri a pascere i vostri greggi e figli di stranieri saranno vostri contadini e vignaioli. 6 Voi sarete chiamati sacerdoti del Signore, ministri del nostro Dio sarete detti. Vi godrete i beni delle nazioni, trarrete vanto dalle loro ricchezze. 7 Perché il loro obbrobrio fu di doppia misura, vergogna e insulto furono la loro porzione; per questo possiederanno il doppio nel loro paese, avranno una letizia perenne. 8 Poiché io sono il Signore che amo il diritto e odio la rapina e l’ingiustizia: io darò loro fedelmente il salario, concluderò con loro un’alleanza perenne. 9 Sarà famosa tra i popoli la loro stirpe, i loro discendenti tra le nazioni. Coloro che li vedranno ne avranno stima, perché essi sono la stirpe che il Signore ha benedetto. 10 Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito delle vesti di salvezza, mi ha avvolto con il manto della giustizia, come uno sposo che si cinge il diadema e come una sposa che si adorna di gioielli. 11 Poiché come la terra produce la vegetazione e come un giardino fa germogliare i semi, così il Signore Dio farà germogliare la giustizia e la lode davanti a tutti i popoli.

Geremia

Geremia (650 – 580 a.C.) ha unito le vicende personali alle sorti della sua profezia. Carattere mite e, all’inizio della sua missione, giovane inesperto, deve affrontare il momento più difficile e decisivo della storia della nazione giudaica, quello che conduce all’esilio in Babilonia (587 a.C.). Egli tenta di tutto: scuote il torpore del popolo con una predicazione che chiede una radicale conversione; appoggia la riforma nazionalista e religiosa del re Giosia (622 a.C.); cerca di convincere tutti alla sottomissione al dominio di Babilonia dopo la morte del re (609 a.C.). Viene accusato di pessimismo religioso e di disfattismo politico. Da qui la forte crisi religiosa e profetica, descritta nelle “confessioni”, intrise di un lirismo raro negli scritti biblici (cf. Ger 15,10-21; 20,7-18); e da qui anche la persecuzione da parte dei notabili del popolo. La sua vita, più volte in pericolo, si conclude in Egitto, dove è condotto contro la sua volontà. Il suo messaggio di speranza è imperniato sulla “alleanza nuova” scritta nel cuore d’Israele (cf. Ger 31,31-34).
Il libro di Baruc (I sec. a.C.) che si ritiene composto all’inizio del I sec. a.C., è attribuito al segretario-servitore di Geremia. La raccolta presenta un materiale vario: una confessione dei peccati (cf. Bar 1,15-3,8), una meditazione sulla sapienza (cf. Bar 3,9-4,4), un invito alla speranza rivolto a Gerusalemme (cf. Bar 4,5-5,9), una critica all’idolatria attribuita a Geremia (cf. Bar 6).
VII sec. Geremia 627 a.C. – 587 a.C.  (587 a.C. Nabucodonosor conquista Gerusalemme e deporta la classe alta). La strategia politica del regno del sud era quella di trovare alleanze. Insieme a Naum (predica a Ninive la cui distruzione, nel 612 a.C., ad opera di Medi e Caldei, segnò anche la fine del grande regno assiro) e Abacuc (che prevede la distruzione di Babilonia 539 per opera di Ciro il Grande). Geremia era di famiglia sacerdotale,  tutta la sua vita si trasforma in profezia . Il popolo sente Geremia come il suo profeta (Mac 15 12-16) Onia IV è l’ultimo sacerdote legale
Apparizione di Geremia a Onia
Maccabei 15:12 La sua visione era questa: Onia, che era stato sommo sacerdote, uomo eccellente, modesto nel portamento, mite nel contegno, dignitoso nel proferir parole, occupato dalla fanciullezza in quanto riguardava la virtù, con le mani protese pregava per tutta la nazione giudaica. 13 Gli era anche apparso un personaggio che si distingueva per la canizie e la dignità ed era rivestito di una maestà meravigliosa e piena di magnificenza14 Onia disse: «Questi è l’amico dei suoi fratelli, colui che innalza molte preghiere per il popolo e per la città santa, Geremia il profeta di Dio». 15 E Geremia stendendo la destra consegnò a Giuda una spada d’oro, pronunciando queste parole nel porgerla: 16 «Prendi la spada sacra come dono da parte di Dio; con questa abbatterai i nemici».
Il Libro di Geremia è ricostruito: Baruc è stato il segretario.
Ger 1, 4 La vocazione
Geremia 1:4 Mi fu rivolta la parola del Signore: 5 «Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni». 6 Risposi: «Ahimè, Signore Dio, ecco io non so parlare, perché sono giovane». 7 Ma il Signore mi disse: «Non dire: Sono giovane, ma và da coloro a cui ti manderò e annunzia ciò che io ti ordinerò. 8 Non temerli, perché io sono con te per proteggerti». Oracolo del Signore. 9 Il Signore stese la mano, mi toccò la bocca e il Signore mi disse: «Ecco, ti metto le mie parole sulla bocca. 10 Ecco, oggi ti costituisco sopra i popoli e sopra i regni per sradicare e demolire, per distruggere e abbattere, per edificare e piantare».
Ger 31, 31-34 La nuova alleanza
Geremia 31:31 «Ecco verranno giorni – dice il Signore – nei quali con la casa di Israele e con la casa di Giuda io concluderò una alleanza nuova. 32 Non come l’alleanza che ho conclusa con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dal paese d’Egitto, una alleanza che essi hanno violato, benché io fossi loro Signore. Parola del Signore. 33 Questa sarà l’alleanza che io concluderò con la casa di Israele dopo quei giorni, dice il Signore: Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi il mio popolo. 34 Non dovranno più istruirsi gli uni gli altri, dicendo: Riconoscete il Signore, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande, dice il Signore; poiché io perdonerò la loro iniquità e non mi ricorderò più del loro peccato».
Ger 36-45 Il tema delle confessioni
Geremia 36:1 Nel quarto anno di Ioiakìm figlio di Giosia, re di Giuda, questa parola fu rivolta a Geremia da parte del Signore: 2 «Prendi un rotolo da scrivere e scrivici tutte le cose che ti ho detto riguardo a Gerusalemme, a Giuda e a tutte le nazioni, da quando cominciai a parlarti dal tempo di Giosia fino ad oggi. 3 Forse quelli della casa di Giuda, sentendo tutto il male che mi propongo di fare loro, abbandoneranno ciascuno la sua condotta perversa e allora perdonerò le loro iniquità e i loro peccati». 4 Geremia chiamò Baruc figlio di Neria e Baruc scrisse, sotto la dettatura di Geremia, tutte le cose che il Signore gli aveva detto su un rotolo per scrivere. 5 Quindi Geremia ordinò a Baruc: «Io ne sono impedito e non posso andare nel tempio del Signore. 6 Andrai dunque tu a leggere, nel rotolo che hai scritto sotto la mia dettatura, le parole del Signore, facendole udire al popolo nel tempio del Signore in un giorno di digiuno; le leggerai anche ad alta voce a tutti quelli di Giuda che vengono dalle loro città. 7 Forse si umilieranno con suppliche dinanzi al Signore e abbandoneranno ciascuno la sua condotta perversa, perché grande è l’ira e il furore che il Signore ha espresso verso questo popolo».

Ezechiele

Ezechiele (593-571 a.C.) è sacerdote e insieme profeta. Deportato in Babilonia con la prima ondata di esiliati, inizia nel 593 a.C. a predicare la penitenza, ma al tempo stesso preannunzia l’ulteriore castigo che sta per abbattersi su Gerusalemme (cf. Ez 1-24). La seconda parte del libro raccoglie la predicazione del profeta dopo la distruzione della città e la seconda deportazione (587 a.C.). Oltre a proporre oracoli contro le nazioni pagane (cf. Ez 25-32) – un genere comune a tutti i profeti (si possono vedere Is 13-23; Ger 46-51) -, Ezechiele alimenta la speranza del popolo esiliato (cf. Ez 33-38) e delinea il piano di ricostruzione della futura nazione (cf. Ez 40-48).
VI sec. Ezechiele 597 a.C. 571 a.C. profetizza in Babilonia, avrà la funzione di incoraggiare il popolo di Israele durante l’esilio affinché trovasse fede nonostante esilio. Il profeta ribadisce che ognuno è condannato per i propri peccati: il peccato non è generico. In Ezechiele molte delle sue azioni sono azioni simboliche nel modo con cui trasmette le parole del signore. Durante la deportazione di Babilonia si esprime sempre in parabole molto ricche.
Ez 1 4-ss: Apparizione
Ezechiele 1:4 Io guardavo ed ecco un uragano avanzare dal settentrione, una grande nube e un turbinìo di fuoco, che splendeva tutto intorno, e in mezzo si scorgeva come un balenare di elettro incandescente. 5 Al centro apparve la figura di quattro esseri animati, dei quali questo era l’aspetto: avevano sembianza umana 6 e avevano ciascuno quattro facce e quattro ali. 7 Le loro gambe erano diritte e gli zoccoli dei loro piedi erano come gli zoccoli dei piedi d’un vitello, splendenti come lucido bronzo. 8 Sotto le ali, ai quattro lati, avevano mani d’uomo; tutti e quattro avevano le medesime sembianze e le proprie ali, 9 e queste ali erano unite l’una all’altra. Mentre avanzavano, non si volgevano indietro, ma ciascuno andava diritto avanti a sé. 10 Quanto alle loro fattezze, ognuno dei quattro aveva fattezze d’uomo; poi fattezze di leone a destra, fattezze di toro a sinistra e, ognuno dei quattro, fattezze d’aquila. 
Ez 10 La prima distruzione di Gerusalemme 
Ezechiele 10:1 Io guardavo ed ecco sul firmamento che stava sopra il capo dei cherubini vidi come una pietra di zaffìro e al di sopra appariva qualcosa che aveva la forma di un trono. 2 Disse all’uomo vestito di lino: «Và fra le ruote che sono sotto il cherubino e riempi il cavo delle mani dei carboni accesi che sono fra i cherubini e spargili sulla città». Egli vi andò mentre io lo seguivo con lo sguardo. 3 Ora i cherubini erano fermi a destra del tempio, quando l’uomo vi andò, e una nube riempiva il cortile interno. 4 La gloria del Signore si alzò sopra il cherubino verso la soglia del tempio e il tempio fu riempito dalla nube e il cortile fu pieno dello splendore della gloria del Signore. 5 Il fragore delle ali dei cherubini giungeva fino al cortile esterno, come la voce di Dio onnipotente quando parla. 6 Appena ebbe dato all’uomo vestito di lino l’ordine di prendere il fuoco fra le ruote in mezzo ai cherubini, egli avanzò e si fermò vicino alla ruota. 7 Il cherubino tese la mano per prendere il fuoco che era fra i cherubini; ne prese e lo mise nel cavo delle mani dell’uomo vestito di lino, il quale lo prese e uscì. 8 Io stavo guardando: i cherubini avevano sotto le ali la forma di una mano d’uomo. 9 Guardai ancora ed ecco che al fianco dei cherubini vi erano quattro ruote, una ruota al fianco di ciascun cherubino. Quelle ruote avevano l’aspetto del topazio. 10 Sembrava che tutte e quattro fossero di una medesima forma, come se una ruota fosse in mezzo all’altra.
Ez 18 La Responsabilità personale
Ezechiele 18:29 Eppure gli Israeliti van dicendo: Non è retta la via del Signore. O popolo d’Israele, non sono rette le mie vie o piuttosto non sono rette le vostre? 30 Perciò, o Israeliti, io giudicherò ognuno di voi secondo la sua condotta. Oracolo del Signore Dio. Convertitevi e desistete da tutte le vostre iniquità, e l’iniquità non sarà più causa della vostra rovina. 31 Liberatevi da tutte le iniquità commesse e formatevi un cuore nuovo e uno spirito nuovo. Perché volete morire, o Israeliti? 32 Io non godo della morte di chi muore. Parola del Signore Dio. Convertitevi e vivrete».
Ez 33 Nuovo tempio
Ezechiele 33:23 Mi fu rivolta questa parola del Signore:
24 «Figlio dell’uomo, gli abitanti di quelle rovine, nel paese d’Israele, vanno dicendo: Abramo era uno solo ed ebbe in possesso il paese e noi siamo molti: a noi dunque è stato dato in possesso il paese! 25 Perciò dirai loro: Così dice il Signore Dio: Voi mangiate la carne con il sangue, sollevate gli occhi ai vostri idoli, versate il sangue, e vorreste avere in possesso il paese?
26 Voi vi appoggiate sulle vostre spade, compite cose nefande, ognuno di voi disonora la donna del suo prossimo e vorreste avere in possesso il paese? 27 Annunzierai loro: Dice il Signore Dio: Com’è vero ch’io vivo, quelli che stanno fra le rovine periranno di spada; darò in pasto alle belve quelli che sono per la campagna e quelli che sono nelle fortezze e dentro le caverne moriranno di peste. 28 Ridurrò il paese ad una solitudine e a un deserto e l’orgoglio della sua forza cesserà. I monti d’Israele saranno devastati, non ci passerà più nessuno. 29 Sapranno che io sono il Signore quando farò del loro paese una solitudine e un deserto, a causa di tutti gli abomini che hanno commessi. 30 Figlio dell’uomo, i figli del tuo popolo parlano di te lungo le mura e sulle porte delle case e si dicono l’un l’altro: Andiamo a sentire qual è la parola che viene dal Signore. 31 In folla vengono da te, si mettono a sedere davanti a te e ascoltano le tue parole, ma poi non le mettono in pratica, perché si compiacciono di parole, mentre il loro cuore va dietro al guadagno. 32 Ecco, tu sei per loro come una canzone d’amore: bella è la voce e piacevole l’accompagnamento musicale. Essi ascoltano le tue parole, ma non le mettono in pratica. 33 Ma quando ciò avverrà ed ecco avviene, sapranno che c’è un profeta in mezzo a loro».

Daniele

Il libro di Daniele (VI oppure II sec. a.C.) non contiene la predicazione di un profeta, ma una serie di racconti edificanti e soprattutto di testi caratterizzati dallo stile apocalittico, con sogni svelati, visioni e previsioni di un futuro prossimo. Il suo scopo è offrire una visione della storia che dia coraggio e speranza ai giudei al tempo della persecuzione di Antioco IV Epifane (164 a.C.). Il racconto, nella prima parte (cf. Dn 1-6), è imperniato sulla figura di Daniele e dei suoi compagni, che suppone siano vissuti al tempo dell’esilio, più volte messi alla prova ma sempre liberati e vincitori. Nella seconda parte (cf. Dn 7-12) lo stesso Daniele ha visioni e sogni, con i quali descrive attraverso simboli il persecutore, la sua azione nefasta, ma anche la sua fine. Questa assicura l’avvento del regno dei santi, simboleggiati da un “figlio di uomo” il cui potere non tramonterà mai (cf. Dn 7,13-14). Il cap. 13 racconta la storia di Susanna calunniata ma vittoriosa, cui fanno seguito gli apologhi contro l’idolatria del cap. 14.
Insieme a Ezechiele Daniele (VI sec) predica durante l’esilio in Babilonia. Profeta che riceve le visioni, annuncia il tempo della venuta del redentore, del messia tanto atteso. La sua predicazione ruota attorno alle visioni dei tempi che verranno fino alla fine dei tempi: la venuta del Messia.
Dan 9 le 70 settimane 9,26 Onia
Daniele 9:22 Egli mi rivolse questo discorso:
«Daniele, sono venuto per istruirti e farti comprendere. 23 Fin dall’inizio delle tue suppliche è uscita una parola e io sono venuto per annunziartela, poiché tu sei un uomo prediletto. Ora stà attento alla parola e comprendi la visione: 24 Settanta settimane sono fissate per il tuo popolo e per la tua santa città per mettere fine all’empietà, mettere i sigilli ai peccati, espiare l’iniquità, portare una giustizia eterna, suggellare visione e profezia e ungere il Santo dei santi. 25 Sappi e intendi bene, da quando uscì la parola sul ritorno e la ricostruzione di Gerusalemme fino a un principe consacrato, vi saranno sette settimane. Durante sessantadue settimane saranno restaurati, riedificati piazze e fossati, e ciò in tempi angosciosi. 26 Dopo sessantadue settimane, un consacrato sarà soppresso senza colpa in lui; il popolo di un principe che verrà distruggerà la città e il santuario; la sua fine sarà un’inondazione e, fino alla fine, guerra e desolazioni decretate. 27 Egli stringerà una forte alleanza con molti per una settimana e, nello spazio di metà settimana, farà cessare il sacrificio e l’offerta; sull’ala del tempio porrà l’abominio della desolazione e ciò sarà sino alla fine, fino al termine segnato sul devastatore».

Profeti minori

Osea (740-690 a.C.) nel Regno del Nord

Osea nello stesso regno del nord, denuncia l’infedeltà d’Israele verso il suo “sposo” JHWH, al quale, come una sposa, si era legato con l’alleanza, ma che ha tradito dandosi agli “amanti”, le varie divinità cananee. Osea è anche il profeta che proclama l’amore misericordioso di Dio, che perdona e reintegra nella sua intimità il popolo infedele.

La sua vita diventa simbolo (tema centrale: il matrimonio). Popolo infedele a Dio. Dio viene esaltato come sposo del suo popolo. Ti farò mia sposa per sempre! Ideale del deserto, momento di fedeltà alla vocazione divina. Tema del ritorno a Dio e della conversione.

Osea 11:1 Quando Israele era giovinetto, io l’ho amato e dall’Egitto ho chiamato mio figlio2 Ma più li chiamavo, più si allontanavano da me; immolavano vittime ai Baal, agli idoli bruciavano incensi. 3 Ad Efraim io insegnavo a camminare tenendolo per mano, ma essi non compresero che avevo cura di loro.

Osea 14:5 Io li guarirò dalla loro infedeltà, li amerò di vero cuore, poichè la mia ira si è allontanata da loro. 6 Sarò come rugiada per Israele; esso fiorirà come un giglio e metterà radici come un albero del Libano, 7 si spanderanno i suoi germogli e avrà la bellezza dell’olivo e la fragranza del Libano. 8 Ritorneranno a sedersi alla mia ombra, faranno rivivere il grano, coltiveranno le vigne, famose come il vino del Libano.

Gioele

Gioele (520 480 a.C.) è anch’esso di difficile datazione: gli studiosi si orientano in maggioranza per il tempo del dopo-esilio, tra il V e il IV sec. a.C. Il testo si compone di due parti. Nella prima, al disastro provocato da un’invasione di cavallette nel territorio di Giuda, il profeta reagisce invitando a una liturgia di lutto e di supplica (cf. Gl 1-2). Nella seconda parte, con stile apocalittico, il profeta annunzia il grande giudizio di Dio, con il quale si aprono i tempi escatologici, i tempi della restaurazione paradisiaca (cf. Gl 3-4).
E’ difficile la collocazione di Giona Abdia e Gioele, sebbene si può dire che Gioele è introdotto tra Amos e Osea. Si colloca dopo l’esilio di Babilonia (587 a.C.).

Gioele 3:1 Dopo questo, io effonderò il mio spirito sopra ogni uomo e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie; i vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni. 2 Anche sopra gli schiavi e sulle schiave, in quei giorni, effonderò il mio spirito. 3 Farò prodigi nel cielo e sulla terra, sangue e fuoco e colonne di fumo. 4 Il sole si cambierà in tenebre e la luna in sangue, prima che venga il giorno del Signore, grande e terribile. 5 Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato, poichè sul monte Sion e in Gerusalemme vi sarà la salvezza, come ha detto il Signore, anche per i superstiti che il Signore avrà chiamati.

Amos (ca 783 a.C.) nel Regno del Nord

Amos enuncia le ingiustizie sociali del regno d’Israele in epoca di prosperità economica e di culto sfarzoso. È il profeta della giustizia lesa (cf. Am 5,7-13; 6,1-17). Perciò preannunzia un giorno di JHWH (cf. Am 5,18-20), giorno non di salvezza, ma di punizione per la nazione, colpevole, come le nazioni pagane, di crimini contro l’umanità e la fraternità (cf. Am 2,6-15). E’ il profeta più antico. Proclama il giudizio di Dio contro Israele. Il profeta ricorda l’affermazione del giorno del Signore in cui Dio vaglierà la fedeltà dei popoli.

Fedeltà di Dio alle sue promesse.

Amos 5:10 Essi odiano chi ammonisce alla porta e hanno in abominio chi parla secondo verità.
11 Poiché voi schiacciate l’indigente e gli estorcete una parte del grano, voi che avete costruito case in pietra squadrata, non le abiterete; vigne deliziose avete piantato, ma non ne berrete il vino, 12 perché so che numerosi sono i vostri misfatti, enormi i vostri peccati. Essi sono oppressori del giusto, incettatori di ricompense e respingono i poveri nel tribunale. 13 Perciò il prudente in questo tempo tacerà, perchè sarà un tempo di sventura. 14 Cercate il bene e non il male, se volete vivere, e così il Signore, Dio degli eserciti, sia con voi, come voi dite. 15 Odiate il male e amate il bene e ristabilite nei tribunali il diritto; forse il Signore, Dio degli eserciti, avrà pietà del resto di Giuseppe. 16 Perciò così dice il Signore, Dio degli eserciti, il Signore: In tutte le piazze vi sarà lamento, in tutte le strade si dirà: Ah! ah! Si chiamerà l’agricoltore a fare il lutto e a fare il lamento quelli che conoscono la nenia. 17 In tutte le vigne vi sarà lamento, perchè io passerò in mezzo a te, dice il Signore. 18 Guai a coloro che attendono il giorno del Signore! Che sarà per voi il giorno del Signore? Sarà tenebre e non luce.

Abdìa (ca 550 a.C.) nel regno di Edom

Abdia (520 480 a.C.), forse tra la fine dell’esilio e gli inizi del dopo-esilio. Il suo libretto è di soli 21 versetti e contiene un oracolo contro il popolo di Edom, che aveva approfittato della rovina di Gerusalemme per invadere la Giudea meridionale. Il suo spirito di vendetta contrasta con l’universalismo che caratterizza, ad esempio, il Secondo Isaia, ma il suo tenace nazionalismo va compreso all’interno di tutto il profetismo biblico.

Il suo libro è un annuncio di castigo contro il popolo di Edom (traslitterazione di Esau) discendenti del fratello di Giacobbe: gli edomiti. Questi avevano occupato il Regno durante l’esilio. Il libro si può collocare alla fine dell’esilio di Babilonia. Libro più breve.

Giona (inizio del regno Assiri) a Nìnive

Il libro di Giona (520 480 a.C.) è un racconto didattico che ha come tema le disavventure di un profeta disobbediente. Scritto per gli Ebrei del V sec. a.C., il racconto esalta l’amore universale di Dio per tutti i popoli, che egli vuole salvi al pari d’Israele (cf. Gn 4,10-11). Con il Secondo Isaia è uno dei vertici dell’Antico Testamento per quanto riguarda il tema dell’universalismo.

Molto popolare. Narrazione della sua vita e sua missione. Forse si può collocare in epoca tarda, durante l’epoca del proselitismo ebraico (I secolo). Giona, quando la Siria era una grande nazione (probabilmente durante l’epoca Assira), si scaglia contro Ninive. Predica ai pagani, che osteggiano il profeta.

Michea (750-697 a.C.)

 Michea (750 697 a.C.) è contemporaneo di Isaia, anch’egli denunziatore deciso e forte delle ingiustizie sociali. Preannunzia la distruzione di Samaria e predice la stessa sorte a Gerusalemme, se la sua popolazione non si convertirà. L’invito è accolto dal re Ezechia, che tenta una riforma religiosa.Alterna minacce a promesse, si rivolge soprattutto al regno di Giuda. Annunzia il giorno del giudizio divino.

Michea annunzia la nascita del Re messia a Betlemme.

Michea 5:1 E tu, Betlemme di Efrata così piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda, da te mi uscirà colui che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall’antichità, dai giorni più remoti. 2 Perciò Dio li metterà in potere altrui fino a quando colei che deve partorire partorirà; e il resto dei tuoi fratelli ritornerà ai figli di Israele. 3 Egli starà là e pascerà con la forza del Signore, con la maestà del nome del Signore suo Dio. Abiteranno sicuri perché egli allora sarà grande fino agli estremi confini della terra 4 e tale sarà la pace: se Assur entrerà nella nostra terra e metterà il piede sul nostro suolo, noi schiereremo contro di lui sette pastori e otto capi di uomini, 5 che governeranno la terra di Assur con la spada, il paese di Nimròd con il suo stesso pugnale. Ci libereranno da Assur, se entrerà nella nostra terra e metterà piede entro i nostri confini.

Naum (616-612 a.C.)

Di Naum (662 612 a.C.) vanno ricordati soprattutto gli oracoli contro Ninive, l’orgogliosa capitale dell’Assiria, sconvolta e occupata dall’avanzante potenza babilonese (612 a.C.). Il profeta vede in questo evento il giusto giudizio di Dio su uno dei più feroci oppressori d’Israele. Predica la distruzione di Ninive capitale dell’Assiria, rivolgendosi agli Israeliti. Molto aspro, in stile veterotestamentario.

Abacuc

Abacuc (650 580 a.C.) vede in Babilonia lo strumento della giustizia di Dio, ma, questa volta, sulle ingiustizie di Giuda e degli oppressori dei poveri (cf. Ab 2,5-20); si salverà soltanto chi è giusto e chi nella fede cerca rifugio in Dio (cf. Ab 2,1-4). Non ci sono molte notizie su Abacuc, contemporaneo di Geremia, visse nel regno del Sud e profetizzò l’invasione dei Babilonesi (Caldei). Incita la speranza.

San Paolo cita Abacuc (Rm 1,17), come altri nei primi tempi del Cristianesimo (compare in dipinti, testi, ecc.)

Romani 1:17 E’ in esso che si rivela la giustizia di Dio di fede in fede, come sta scritto: Il giusto vivrà mediante la fede. 18 In realtà l’ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ogni ingiustizia di uomini che soffocano la verità nell’ingiustizia, 19 poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha loro manifestato.

Sofonia (Fine VIII secolo)

Sofonia (640 609 a.C.) ripropone temi già noti. In particolare richiama il “giorno di JHWH”, di cui aveva parlato Amos, e ne fa un giorno di giudizio e di condanna per tutti i responsabili del peccato d’Israele (cf. i>1,2-8; 3,1-8), ma di speranza per gli umili e gli oppressi (cf. Sof 2,1-3; 3,9-20).

Si può collocare prima di Geremia, alla vigilia della riforma di Giosìa (618 a.C.). Sofonia è il profeta del Dies Irae: contro il culto idolatrico, i falsi profeti e le ingiustizie sociali.

Profezia messianica.

Sofonia 1:2 Tutto farò sparire dalla terra. Oracolo del Signore. 3 Distruggerò uomini e bestie; sterminerò gli uccelli del cielo e i pesci del mare, abbatterò gli empi; sterminerò l’uomo dalla terra. Oracolo del Signore. 4 Stenderò la mano su Giuda e su tutti gli abitanti di Gerusalemme; sterminerò da questo luogo gli avanzi di Baal e il nome stesso dei suoi falsi sacerdoti; 5 quelli che sui tetti si prostrano davanti alla milizia celeste e quelli che si prostrano davanti al Signore, e poi giurano per Milcom; 6 quelli che si allontanano dal seguire il Signore, che non lo cercano, né si curano di lui. 7 Silenzio, alla presenza del Signore Dio, perchè il giorno del Signore è vicino, perchè il Signore ha preparato un sacrificio, ha mandato a chiamare i suoi invitati. 8 Nel giorno del sacrificio del Signore, io punirò i prìncipi e i figli di re e quanti vestono alla moda straniera; 9 punirò in quel giorno chiunque salta la soglia, chi riempie di rapine e di frodi il palazzo del suo padrone. 10 In quel giorno – parola del Signore – grida d’aiuto verranno dalla Porta dei pesci, ululati dal quartiere nuovo e grande fragore dai colli. 11 Urlate, abitanti del Mortaio, poichè tutta la turba dei trafficanti è finita, tutti i pesatori d’argento sono sterminati. 12 In quel tempo perlustrerò Gerusalemme con lanterne e farò giustizia di quegli uomini che riposando sulle loro fecce pensano: «Il Signore non fa né bene né male»13 I loro beni saranno saccheggiati e le loro case distrutte. Hanno costruito case ma non le abiteranno, hanno piantato viti, ma non ne berranno il vino. 14 E’ vicino il gran giorno del Signore, è vicino e avanza a grandi passi. Una voce: Amaro è il giorno del Signore! anche un prode lo grida. 15 «Giorno d’ira quel giorno, giorno di angoscia e di afflizione, giorno di rovina e di sterminio, giorno di tenebre e di caligine, giorno di nubi e di oscurità, 16 giorno di squilli di tromba e d’allarme sulle fortezze e sulle torri d’angolo. 17 Metterò gli uomini in angoscia e cammineranno come ciechi, perchè han peccato contro il Signore; il loro sangue sarà sparso come polvere e le loro viscere come escrementi.18 Neppure il loro argento, neppure il loro oro potranno salvarli». Nel giorno dell’ira del Signore e al fuoco della sua gelosia tutta la terra sarà consumata, poichè farà improvvisa distruzione di tutti gli abitanti della terra.

Sofonia ha una dimensione di prontezza a perdono per chi si riavvicina a Dio e castigo per chi sfrutta il povero con ingiustizia.

Sofonia 3:9 Allora io darò ai popoli un labbro puro perchè invochino tutti il nome del Signore e lo servano tutti sotto lo stesso giogo. 10 Da oltre i fiumi di Etiopia fino all’estremo settentrione, i miei supplicanti mi porteranno offerte. 11 In quel giorno non avrai vergogna di tutti i misfatti commessi contro di me, perchè allora eliminerò da te tutti i superbi millantatori e tu cesserai di inorgoglirti sopra il mio santo monte12 Farò restare in mezzo a te un popolo umile e povero; confiderà nel nome del Signore 13 il resto d’Israele. Non commetteranno più iniquità e non proferiranno menzogna; non si troverà più nella loro bocca una lingua fraudolenta. Potranno pascolare e riposare senza che alcuno li molesti. 14 Gioisci, figlia di Sion, esulta, Israele, e rallegrati con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme! 15 Il Signore ha revocato la tua condanna, ha disperso il tuo nemico. Re d’Israele è il Signore in mezzo a te, tu non vedrai più la sventura. 16 In quel giorno si dirà a Gerusalemme: «Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia! 17 Il Signore tuo Dio in mezzo a te è un salvatore potente. Esulterà di gioia per te, ti rinnoverà con il suo amore, si rallegrerà per te con grida di gioia, 18 come nei giorni di festa». Ho allontanato da te il male, perchè tu non abbia a subirne la vergogna.

Aggeo (dopo editto di Ciro)

Aggeo (520 500 a.C.) è il profeta che incoraggia e sostiene Zorobabele e Giosuè, i responsabili dei giudei rimpatriati, nell’opera di ricostruzione del tempio di Gerusalemme, che viene inaugurato nel 515 a.C., poco più di venti anni dopo il ritorno.

Aggeo si colloca nel V sec. a.C. (L’Editto di Ciro 538 a.C.). Aggeo e Zaccaria vivono in questo primo periodo del ritorno del popolo di Israele, capitò che il popolo dopo un secolo di esilio ognuno aveva aveva cominciato a costruire la propria casa (cfr. Esdra e Neemia). Per quel piccolo popolo che era tornato, le modalità per ricostruire il tempio. Il personaggio tipico del tempo era Zorobaele. Le forze erano poche, gli anziani si ricordavano del tempio di Salomone. E si ricostruirà il tempio nel 515. Aggeo ha un libro breve. Il tempio (II) che risorge a fatiche è segno dell’avvicinarsi dell’era messianica.

Zaccaria (dopo editto di Ciro, 520-518)

Zaccaria (520 480 a.C.) (l’autore dei cap. 1-8 del libro che porta il suo nome) è contemporaneo di Aggeo e si batte per gli stessi scopi: la ricostruzione del tempio, la restaurazione delle due istituzioni basilari della nazione, cioè il sacerdozio con Giosuè e la regalità davidica con Zorobabele; questa però non trova accoglienza.

Secondo Zaccaria” si indica la raccolta di testi dei cap. 9-14 del libro di Zaccaria; alcuni distinguono un “Terzo Zaccaria” per i cap. 12-14. Le due raccolte sono di difficile collocazione e interpretazione. Ricchi di reminiscenze, questi testi sono importanti soprattutto per alcuni spunti sull’attesa messianica: rinascita della casa di Davide (cf. Zc 12); attesa di un re-messia umile e pacifico (cf. Zc 9,9-10), misterioso annunzio di un uomo “trafitto” (cf. Zc 12,10), teocrazia militare (cf. Zc 10,3-11,3), ma anche cultuale (cf. Zc 14).

Sostiene i reduci a Gerusalemme dopo l’esilio, parlando dell’era messianica (Messia re mite e pacifico tolto di mezzo con la violenza)

Diario del profeta che registra otto visioni messianiche.

Zaccaria 9:9 Esulta grandemente figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d’asina. 10 Farà sparire i carri da Efraim e i cavalli da Gerusalemme, l’arco di guerra sarà spezzato, annunzierà la pace alle genti, il suo dominio sarà da mare a mare e dal fiume ai confini della terra.

Zaccaria 12:10 Riverserò sopra la casa di Davide e sopra gli abitanti di Gerusalemme uno spirito di grazia e di consolazione: guarderanno a colui che hanno trafitto. Ne faranno il lutto come si fa il lutto per un figlio unico, lo piangeranno come si piange il primogenito. 11 In quel giorno grande sarà il lamento in Gerusalemme simile al lamento di Adad-Rimmòn nella pianura di Meghìddo. 12 Farà il lutto il paese, famiglia per famiglia: la famiglia della casa di Davide a parte e le loro donne a parte; la famiglia della casa di Natàn a parte e le loro donne a parte; 13 la famiglia della casa di Levi a parte e le loro donne a parte; la famiglia della casa di Simeì a parte e le loro donne a parte; 14 così tutte le altre famiglie a parte e le loro donne a parte».

Zaccaria 14:1 Ecco, viene un giorno per il Signore; allora le tue spoglie saranno spartite in mezzo a te. 2 Il Signore radunerà tutte le genti contro Gerusalemme per la battaglia; la città sarà presa, le case saccheggiate, le donne violate, una metà della cittadinanza partirà per l’esilio, ma il resto del popolo non sarà strappato dalla città. 3 Il Signore uscirà e combatterà contro quelle nazioni, come quando combattè nel giorno della battaglia.

Malachia  (dopo editto di Ciro)

Malachia (520 480 a.C.) significa “mio messaggero” e non è il nome ma la qualifica attribuita all’ignoto autore di questo libretto. Come i profeti preesilici, anch’egli denuncia la mediocrità e la pigrizia dei sacerdoti del tempio ricostruito (cf. Ml 1,6-2,9), e annuncia la venuta del “giorno di JHWH” come giorno di giudizio e di condanna per i peccatori e di salvezza per i giusti (cf.Ml 2,17-3,5; 3,13-21).

Collocato alla fine V sec. insieme a Sofonia e Malachia. Sofonia (Dies Irae dies Illa, chiamata alla fedeltà). Malachia si rivolge sopratutto ai sacerdoti (Profezia del sacrificio). Scritto anonimo (nome citato in una profezia all’interno del libro). Malachia affronta il problema dei matrimoni misti dopo il ritorno dall’esilio. Problematiche relative alla ricostruzione del tempio e al culto. Il libro è una critica alla classe sacerdotale ormai lontana dalla vera fede, e affronta la promessa messianica di un sacrificio unico e perfetto che sostituirà il culto antico. In Malachia si può vedere una influenza Deuteronomica

critica alla classe sacerdotale

Malachia 1:11 Poiché dall’oriente all’occidente grande è il mio nome fra le genti e in ogni luogo è offerto incenso al mio nome e una oblazione pura, perché grande è il mio nome fra le genti, dice il Signore degli eserciti.

 Malachia 3:22 Tenete a mente la legge del mio servo Mosè, al quale ordinai sull’Oreb, statuti e norme per tutto Israele. 23 Ecco, io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno grande e terribile del Signore, 24 perché converta il cuore dei padri verso i figli e il cuore dei figli verso i padri; così che io venendo non colpisca il paese con lo sterminio.

La Passione scritta a caratteri di sangue

LA PASSIONE SCRITTA  A CARATTERI DI SANGUE

Il lino sepolcrale che è mostrato alla venerazione dei fedeli nella cappella del Guarini della Cattedrale di Torino, è presentato come il lenzuolo funerario che servì, il primo venerdì santo, ad avvolgere la salma di nostro Signore. Esso si presenta con i caratteri di un “corpus delicti”, recante le impronte, facciale e dorsale, di un uomo flagellato, coronato di spine e crocifisso, misteriosamente tramandatoci attraverso i secoli.

Un accurato esame interno ci fa trovare di fronte a conclusioni tali da permettere di ricostruire minuziosamente le varie fasi della passione di Cristo, come sono descritte dai santi vangeli: dalla flagellazione all’ultimo istante della sepoltura. Esse si rivelano in pieno accordo con quanto i vangeli, l’archeologia, gli usi ebraici e la Tradizione cattolica hanno documentato di nostro Signore, così che l’identità dell’Uomo della Sindone con Gesù Cristo, si presenta sotto una luce di acquisita certezza.

C’è infatti una logica inesorabile che presiede lo svolgersi delle leggi fisiche; fanno al caso nostro, per esempio, le leggi della gravitazione dei corpi e della viscosità dei liquidi che, se applicate ad alcuni rivoli di sangue, permettono di ricostruire le relative posizioni del corpo, in quel sistema obbligato che è una crocifissione con chiodi. Queste posizioni hanno un “prima” e un “poi”, ed ecco il movimento; l’entità di questo sarà determinata dalla giusta interpretazione direzionale di quei rivoli di sangue convergenti in un punto, o dalle linee anatomiche, si presentino esse omologabili o meno a causa di interventi esterni —contusioni— o a causa delle modalità dell’avvolgimento della santa Sindone. Di qui la necessità di analizzare, compasso e goniometro alla mano, la figura impressa sul santo lenzuolo; analizzarla nel suo complesso e nei particolari, anche in quelli che potrebbero sembrare trascurabili.

Solo allora ci si potrà rendere conto dell’importanza di questa indagine, quando dietro il freddo linguaggio delle linee convergenti di un angolo intravediamo lo spostarsi doloroso delle braccia, dei piedi, del capo, del corpo intero di quel Crocifisso, quando il calcolo geometrico diventa diagnosi dolorosa e questa, a sua volta, altissima teologia, perché segna e rivela agli uomini il mistero del Verbo Incarnato, nell’espressione massima dell’amore: la morte in croce.

LA STORIA DELLA SANTA SINDONE

 La profezia biblica è ricordata dall’evangelista san Giovanni, testimone oculare della morte in croce e della sepoltura di Gesù.

Ma l’affermazione acquista il suo valore profetico per coloro che, lungo il corso dei secoli, potranno contemplare il volto maestoso e sereno impresso sulla Sindone.

Sindone è parola greca che significa “stoffa-lenzuolo”; questo lenzuolo, che ci è offerto allo studio, gelosamente custodito nei primi secoli, nascosto, e, nei seguenti, venerato dai cristiani, risale a circa duemila anni fa. Esso reca alcune impronte che tratteggiano la sagoma di un Uomo che ne fu avvolto.

E’ un lenzuolo funebre: vi fu avvolto un cadavere di cui si può vedere impressa sia la parte frontale che dorsale. I segni sono piuttosto tracce di sostanze diffuse sulla superficie del corpo, assorbite al contatto, dalla Sindone, durante la sepoltura; esse fanno risaltare le varie parti del corpo: dai piedi al capo e dalla fronte ai piedi.

La tela, costituita da un unico pezzo, e lunga m. 4,36 e larga m. 1,10. Avvolgeva il corpo in senso longitudinale, così che le impronte del capo, facciale e dorsale, si trovano nel mezzo. Il lenzuolo coprì un corpo completamente nudo e pieno di ferite.

La Sindone è di lino, intessuta a spina di pesce. Anticamente dovette essere bianchissima: ora si presenta di color paglierino, per il logorio dei secoli.

Un danno gravissimo fu recato alla Sindone nel 1532, a Chambery, durante un incendio: qualche goccia di argento fuso cadde su un angolo della stoffa ripiegata: si vedono i segni delle bruciature intorno alle parti colpite, rammendate dalle clarisse di Chambery per ordine del Papa Clemente VII. La figura rimase provvidenzialmente intatta.

Le notizie riguardanti la Sindone, notizie solo indirette all’inizio, e solo in seguito gradualmente precise, rivelano la sua natura di documento compromettente, per chi lo avesse posseduto nei primi secoli del cristianesimo. Dopo essere stata venerata nella comunità di Gerusalemme, poi di Costantinopoli, quindi di Lirey e di Chambery, in Francia,—dove, nel 1452, divenne proprietà di casa Savoia—, nella festa dell’Esaltazione della santa Croce, il 14 settembre del 1578, fu trasferita a Torino per assecondare l’adempimento di un voto di san Carlo Borromeo, che si era proposto di recarsi a piedi a Chambery per ringraziare il Signore per la grazia della liberazione dalla peste a Milano. Oggi è custodita nella Cattedrale di Torino, in una splendida cappella, costruita dal Guarini nel 1694. E’ collocata sopra l’altare del Bertola, chiusa e arrotolata dentro una preziosa cassa d’argento istoriato e smaltato.

Durante il corso dei secoli venne molte volte mostrata al popolo; fu in occasione della ostensione del 1898 che per la prima volta venne fotografata dall’avv. Secondo Pia: l’impronta del lenzuolo si rivelò un negativo fotografico: fatto insospettato e inimmaginabile per chiunque nei secoli precedenti avesse voluto creare un falso pittorico. Il risultato venne confermato dal secondo esperimento fotografico eseguito dal comm. Giuseppe Enrie, nel 1931, e dall’attuale fotografo ufficiale dott. G. Battista Judica Cordiglia, nel 1969, con foto a colori e all’ultravioletto.

Le ricerche sulla Sindone hanno fatto enormi progressi nell’ambito della “lettura” del documento stesso, proprio in virtù di quanto l’occhio fotografico ha saputo rivelarci.

Leggiamo ora, vangelo alla mano, la storia della passione, morte e risurrezione dell’Uomo della Sindone, scritta a caratteri di sangue.

LA FLAGELLAZIONE DOVEVA ESSERE ESEMPLARE

Gli elementi di eccezionalità sono costituiti proprio da quei fatti che abitualmente sono considerati normali nel racconto evangelico, ma che, sotto il profilo archeologico od esegetico, costituiscono vere e proprie eccezioni o per se stessi o per il modo in cui sono avvenuti.

Il fatto, in se stesso, è chiaro dalla narrazione evangelica; doveva essere una punizione a sè stante, prima della liberazione; ma la modalità dell’esecuzione, in questo caso interessa da vicino.

Secondo il vangelo, la flagellazione doveva essere esemplare, una “lezione”, dice il testo greco, ma avrebbe dovuto risparmiare la vita: era la precisa volontà del giudice, che voleva liberare l’imputato, avendolo riconosciuto innocente.

Questa esemplarità e questa volontà di liberazione hanno una precisa e insospettata riprova dall’esame interno della Sindone. Per la prima ci si può appellare alle numerosissime ferite, inflitte in modo sistematico su quasi tutte le parti del corpo: se ne contano centoventi. Flagellazione, quindi, avvenuta secondo canoni di una procedura non legata al numero, come era quella romana; d’altro canto quella giudaica non avrebbe permesso che si oltrepassassero i 40 colpi: “Gli farà dare non più di quaranta colpi, perché, aggiungendo altre battiture a queste, la punizione non risulti troppo grave” (Dt 25, 3).

Ma, a quanto pare, i romani dovevano essere meno pietosi e più esperti dei giudei se seppero risparmiare la vita nonostante il grande numero di colpi inferti. Infatti, l’unica parte risparmiata è quella antistante il pericardio [1]: l’abilità dei flagellatori seppe ben valutare la distanza, mentre la loro esperienza suggerì di non infierire in quella zona—la più delicata—per evitare la morte che, a giudizio dei medici, sarebbe avvenuta per pericardite sierosa traumatica. In questo caso gli stessi flagellatori avrebbero dovuto rispondere personalmente al giudice.

Ma dall’esame sindonico emergono altri particolari interessanti. Il tipo di flagello è il flagrum taxillatum, l’horribile flagellum (Orazio), il quale ci fa escludere che l’Uomo della Sindone sia stato cittadino romano, altrimenti erano d’obbligo le verghe. (E’ tipico l’esempio di san Paolo (At 22, 24; 2 Cor 11, 25). Cicerone, trattando di questo argomento, parla di verghe honestiores per i cittadini romani).

Le parti contundenti, consistenti in piccole sfere di metallo acuminate o di ossicini di animali, situate a due a due lungo la striscia di cuoio, hanno segnato due precise raggiere di colpi, convergenti in due punti focali, che mentre ci precisano il numero dei flagellatori, ci rivelano che questo tipo di flagellazioni per la sua precisione geometrica, era ben diverso da quello che normalmente veniva eseguito sui condannati alla morte di croce (v. fig. 1 e 2). Infatti, per questi, la flagellazione avveniva mentre si recavano nudi con le braccia legate alla trave dietro le spalle, verso il luogo del supplizio: quindi in modo geometricamente disordinato.

Fig. 1 e 2 – Positivo fotografico della Sindone eseguito da G. Enrie nel 1931. Sono messe in evidenza le ferite provocate dalla flagellazione nella parte facciale e in quella dorsale dell’Uomo della Sindone

Ma il linguaggio della Sindone si fa più preciso ancora, quando ci mostra nella zona scapolare sinistra e soprascapolare destra, che furono a contatto con il pesante patibolo, due larghe impronte con i segni ben visibili del flagrum: è quindi evidente che i colpi erano stati inferti prima che la trave fosse legata dietro le spalle. Questi prima e poi costituiscono una sfumatura in pieno accordo con la successiva capitolazione di Pilato davanti alla folla, quando il timore di essere coinvolto politicamente con un “presunto re dei Giudei” (Roma non perdonava simili debolezze!) lo spinse ad un secondo pronunciamento: “Ibis in crucem!”.

Rimane così documentato anche dalla Sindone che per quel flagellato la promessa liberazione non fu accordata.

I SOLDATI GLI POSERO SUL CAPO UNA CORONA DI SPINE

Il fatto e la modalità della coronazione di spine sono espresse in modo lapidario, ma preciso, nel vangelo di Giovanni: “E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo” (Gv 19, 2) (Cfr anche Mc 15, 17 e Mt 27, 29).

Potrà destare meraviglia tra gli studiosi di diritto l’adozione di una punizione che esulava dalla procedura penale di Roma: nessun altro cruciario della storia, infatti, risulta coronato di spine! La modalità dell’esecuzione, invece, chiama in causa gli artisti che universalmente hanno raffigurato un tipo di coronazione intonata ad una visione avulsa dagli usi orientali, per cui si incoronavano i re con mitrie preziose, poste sopra il capo. Del fatto stesso è facile scagionare Pilato, che presumibilmente si incontrò con il flagellato dopo l’esecuzione, senza sospettarne l’acconciatura da re di burla improvvisata dai soldati in seguito alla dichiarazione di regalità pronunciata durante il processo, ma accolta da Pilato con quel sorriso sardonico che si intravede dal testo evangelico: “Dunque tu sei re?” (Gv 18, 37). Comunque, questo vulnus alla procedura non sarebbe dispiaciuto a Tiberio Cesare… qualora voci maligne avessero riferito…

La modalità dell’esecuzione è documentata in modo insospettato dalle impronte sindoniche: tutta la calotta cranica, infatti, dall’occipite[2] al bregma [3], è tempestata di rivoli di sangue, mentre l’imbrunimento di tutta la medesima zona fa pensare al sudore misto a sangue che invadeva la massa dei capelli creando le condizioni per la relativa impronta.

Ancora da notare la eccezionale documentazione morfologica del sangue, che risulta uscito “intra vitam”, con la caratteristica, cioè, del sangue coagulato, non soggetto a falsificazione di pennello.

L’Evangelista nota ancora che, dopo la flagellazione e la coronazione di spine, Gesù  indossò di nuovo le sue vesti: precisazione importante, perché costituiva un’eccezione alla regola, dovendo i cruciari essere flagellati nudi lungo la via; era l’uso romano: ecco il perché delle vesti.

Dalla Sindone si ricava un particolare morfologico nelle impronte delle spalle già lese dai flagelli. Una trave a contatto immediato con le spalle già lacerate, avrebbe slabbrato ed esteso le lacerazioni —fino a formarne larghe piaghe— che, invece, hanno conservato la loro forma: ciò non sarebbe avvenuto senza la presenza di una veste che avesse protetto le spalle già lese dai flagelli (v. fig. 3).

Che le braccia dell’Uomo della Sindone fossero in abduzione, cioè distese orizzontalmente, perché strettamente legate alla trave, ne potrebbe far fede la localizzazione anatomica del triangolo scapolare sinistro, la cui contusione mostra una rotazione dalla naturale posizione (Prof. N. Miani).

Fig. 3 – La zona scapolare sinistra, indicata dai numeri 6-7, mostra una contusione dovuta al trasporto della trave legata alle spalle. Si nota una leggera espansione all’esterno della scapola che si dovette verificare quando le braccia dell’Uomo della Sindone si trovavano in stato di abduzione, cioe distese orizzontalmente, legate alla trave.

 SIMONE DI CIRENE  CARICA SU DI SE’ LA CROCE

L’intervento di Simone costituisce un’altra eccezione alla regola. Qualcuno potrebbe pensare ad un atto di compassione da parte dei soldati o di un suggerimento da parte di qualcuno che accompagnava il triste corteo: tutt’altro! Si trattò di una falsa pietà per consentire il proseguimento fino all’ormai vicino Calvario: tutto qui! (v. fig. 4).

Fig. 4 – Legati insieme, braccia e piedi, i cruciari si avviavano al luogo dell’esecuzione. I primi due venivano flagellati lungo la strada, così che ad ogni colpo si agitavano, trascinandosi e spingendosi a vicenda. Chi ne andava di mezzo era il terzo condannato che, flagellato in precedenza, procedeva a fatica sotto il legno della croce e veniva gettato a terra: aveva le mani legate alla trave, non poteva quindi evitare l’impatto del volto contro il lastricato della via.

Le ecchimosi [4] del volto sindonico sono chiamate direttamente in causa: essendo le mani legate alla trave, esse furono procurate dagli inevitabili impatti al suolo, nelle inevitabili cadute, e la commozione cerebrale [5], che poteva colpire quel cruciario, non avrebbe consentito lo “spettacolo” del Re dei Giudei… in croce! Nei casi comuni, se la morte del cruciario avveniva incidentalmente, la pratica era chiusa ed il cadavere, solo se richiesto, era consegnato ai parenti; altrimenti i cani randagi, gli avvoltoi e i corvi completavano l’esecuzione o, comunque, il corpo veniva gettato nella fossa comune.

“Al di sopra del suo capo, posero la motivazione scritta della sua condanna” (Mt 27, 37).

Perché quest’altra precisazione? Perché abitualmente la tavoletta con il nome del condannato era inchiodata insieme ai piedi. La prova archeologica, venuta alla luce nel 1971 a Gerusalemme, ne è una conferma: i talloni di Giovanni di Ezechia—questo era il nome del crocifisso rinvenuto dal prof. Nicu Haas (Israel Exploration Journal, n. 20, pp. 49-59, avvicinati lateralmente, sono stati ritrovati ancora fissati da un lungo chiodo che, nello spazio esterno, tra la testa del medesimo e il tallone destro, serrava ancora i resti di una tavoletta di acacia: su questa veniva stilato il nome del condannato.

L’impronta dei piedi dell’Uomo della Sindone rivela che questi, invece, erano sovrapposti, il sinistro sopra il destro, e sarebbe stato, oltretutto, molto scomodo inchiodare il titolo della sua causa di morte sopra i piedi sovrapposti, trattandosi di un titolo singolare per le sue proporzioni, scritto in tre lingue: ebraica, greca e latina; un titolo che non si limitò al nome, ma anche alla causa di morte: Re dei Giudei. Questa iscrizione, letta da “molti Giudei” (Gv 19, 20), richiedeva una tavola lunga almeno cm. 60 x 20.

GESU’ INCHIODATO ALLA CROCE

Nella misura che la descrizione evangelica si fa più avara di notizie circa la tecnica della crocifissione, più ricca si presenta l’indagine sindonica, proprio perché l’esame interno si arricchisce di elementi tecnici insospettati.

Dall’attento esame della Sindone ci si può domandare se gli esecutori materiali della sentenza abbiano operato delle scelte preferenziali nella tecnica dell’esecuzione. Certamente non si optò per un metodo che avesse attenuato i dolori o prolungato l’agonia, data anche l’imminenza del sabato. Infatti furono scelti i chiodi —gli “atrocia crucis” di cui parla Tertulliano — invece delle funi, e per di più localizzati nei carpi (polsi), anziché nel palmo delle mani, come per Giovanni di Ezechia; il pollice in opposizione nella zona metacarpale, rivelato dalla Sindone, è indice evidente della lesione del nervo mediano [6].

L’assonometria dei movimenti rivelata dall’esame goniometrico dei rivoli di sangue degli avambracci, in rapporto ai medesimi, ci descrivono uno stato iniziale di accasciamento, che avrebbe dato luogo ad una repentina morte per asfissia o per collasso ortostatico [7], a meno che quanto prima non si fosse creata la condizione fisica per uno spostamento in alto del corpo—sollevamento—. Questo avrebbe consentito al crocifisso di respirare, parlare e prolungare alquanto l’agonia (v. fig. 5 e 6). Non rimaneva che inchiodare i piedi in modo che le ginocchia fossero in grande flessione: proprio come è reso evidente dal 35° dei rivoli di sangue del carpo sinistro e dal corrispondente spostamento a destra del corpo, rivelato dalla direzione del sangue sceso fino al gomito nell’avambraccio destro.

Fig. 5 – I carnefici innestarono il patibolo sulla sommità dello stipite (la parte verticale della croce) lasciando il condannato penzolare, sostenuto unicamente dai chiodi conficcati nei polsi. In quello stato di massimo accasciamento, senza un punto di appoggio ai piedi, che sarebbero stati inchiodati in una fase successiva, era impossibile un movimento sensibile, considerato lo stato grave di esaurimento delle sue forze. In quella condizione il crocifisso sarebbe morto per asfissia entro breve tempo.

Quando vennero inchiodati anche i piedi, il condannato poté reagire, spingendo il corpo verso l’alto, posizione questa indispensabile per poter respirare e quindi anche parlare.

L’entità di questi movimenti e la diversa direzione del sangue degli avambracci fanno escludere qualunque sostegno al perineo [8] che, se poteva prolungare l’agonia, nel caso, avrebbe impedito o almeno diminuito, i lancinanti dolori del nervo mediano, in continuo, forzato attrito con i chiodi.

Non so se inquadrare in questa ricostruzione dinamica di questo crocifisso l’atteggiamento dei farisei sotto la croce e la loro sfida: “Teipsum salvum facere non potes!” (Mt 27, 42), cioè: per quanti sforzi tu faccia, non riesci a salvare te stesso! Questa raffinatezza, chiodi e ginocchia flessi, comunque, avrebbero stroncato la vita a qualunque cruciario in poche ore; per questo non ci meraviglieremo dello stupore di Pilato, quando al tramonto apprese da Giuseppe d’Arimatea la notizia della morte. La sua esperienza in proposito gli presentava una diversa casistica, collaudata dai comuni sistemi di crocifissione. Evidentemente, nel caso, il potere esecutivo aveva operato delle scelte più sbrigative.

 UNO DEI SOLDATI GLI COLPI’ IL COSTATO CON LA LANCIA

“ … E, chinato il capo, spirò” (Gv 19, 30).

Una singolarità, questa del capo inclinato, che si può chiaramente dimostrare per l’Uomo della Sindone. Lo sta a provare la distanza lineare dalla articolazione sternoclavicolare [9] alla bocca, che è la distanza tipica di un uomo con il capo notevolmente flesso. Precisamente di Gesù è detto nel vangelo che “chinato il capo, spirò”. La rigidità cadaverica [10] intervenuta subito dopo la morte, ha fissato quella posizione, rivelata ora dal lenzuolo funerario, il quale fu appunto allora a contatto, quando il capo era ancora flesso sul petto.

“Uno dei soldati gli colpì il costato con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua” (Gv 19, 34).

Che si tratti anche qui di una procedura eccezionale, lo dimostra il fatto che a Gerusalemme era in uso il crurifragium [11], applicato ai ladroni, e descritto dal vangelo; anche la recente scoperta archeologica di Gerusalemme lo prova: le tibie di Giovanni di Ezechia, infatti, sono spezzate.

Anche questa singolarità della trafittura al costato, di cui nella storia delle crocifissioni a Gerusalemme non si ha alcun esempio, è documentata in maniera evidente sull’impronta sindonica: nell’emitorace destro, situata a 13 centimetri dallo sterno —tra il quinto e sesto spazio intercostale— si vede una ferita da arma da taglio, larga 4 centimetri (lance romane, dell’epoca di Gesù, scoperte a Gerusalemme, hanno la larghezza massima di 4 centimetri); il flusso di sangue ed acqua e decalcato sulla Sindone con la caratteristica di grumi di sangue postmortali aureolati di siero, come fa fede la colorazione diversa [12].

IL CORPO Dl GESU’ TRASPORTATO AL SEPOLCRO

“Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora deposto. Là dunque deposero Gesù, a motivo della Parasceve dei Giudei, poiché quel sepolcro era vicino” (Gv 19,14-42; cfr anche Lc 23, 54).

Il tramonto del venerdì era già inoltrato; il permesso dall’autorità romana per una onorata sepoltura era già stato ottenuto; con una sindone nuova, acquistata in fretta, Giuseppe d’Arimatea, insieme a Nicodemo, raggiunse il Calvario. Tolto il chiodo ai piedi, disinnestato il patibolo dallo stipite, calato il sacro corpo, tolsero i chiodi alle mani, che con un piccolo sforzo poterono essere ricomposte a livello del pube, sovrapposte, e lo trasportarono nel vicino sepolcro, proprietà di Giuseppe d’Arimatea.

La Sindone, con il linguaggio del sangue, rivela interessanti particolari che consentono una minuziosa ricostruzione di questa pietosa andata al sepolcro.

La prima documentazione riguarda la zona dei reni, dove il corpo dell’Uomo della Sindone è segnato da rivoli di sangue, in direzione trasversale, così da far pensare ad un deflusso del sangue, causato dalla posizione orizzontale assunta dal corpo in quel breve tragitto. La colorazione di questo sangue, che si rivela ricco di plasma [13], è tale da consentire di qualificarlo come “effetto della sedimentazione postmortale delle emazie nella cavità cardiaca, perforata dal colpo di lancia” (dott. Giordano). E’ naturale, infatti. che dalla ferita del costato, ponendo il corpo supino, il sangue della parte inferiore del corpo, rimasto ancora nei vasi dopo il colpo di lancia del soldato, (mentre quello della parte superiore del corpo era uscito subito dopo la ferita), è naturale, dico, che uscisse abbondantemente e si localizzasse nella zona dei reni.

Una seconda documentazione, ancora più commovente, si nota ai piedi, particolarmente al piede sinistro. Si tratta di impronte digitali di uno dei fortunati portatori del corpo di Gesù. Queste furono causate da quel sangue che doveva uscire dai fori dei piedi, schiodati di recente, a causa dell’edema insorto o “intra vitam”, per insufficienza circolatoria, o “post mortem”, per ipostàsi cadaverica [14]. Il sangue, scendendo si concentrava nella zona dei talloni dove ha lasciato quei segni che hanno consentito una perfetta ricostruzione delle mani, con le dita arcuate, in posizione contratta, che rivelano lo sforzo per un peso che hanno portato. Il mignolo, l’anulare e il medio della mano sinistra, a contatto con la superficie del piede, furono circondati dal sangue che scendeva dal foro del piede sinistro al tallone sinistro, (meno chiaro è per la mano destra, nel tallone destro).

Dalla Sindone, dunque, è evidente che nel portare il santo corpo alla sepoltura, i portatori camminavano in modo da far precedere i piedi.

COSA INDICANO LE PIEGHE DELLA SINDONE

Prima di concludere la “lettura di questa stupenda pagina paleografica scritta a carattere di sangue” (Paolo VI), si impone una sosta dentro la grotta del sepolcro dove, secondo la testimonianza di Arculfo (670), vi potevano entrare appena otto o nove persone in piedi.

A distanza di quasi 2000 anni, ci è concesso, con l’ausilio della fotografia, della medicina legale e, soprattutto, per questa indagine, dell’anatomia, di penetrare questo complesso “corpus delicti”, ritrovato ben ripiegato sulla mensa del sepolcro da Pietro e Giovanni all’alba della risurrezione, per ricostruire alcuni gesti particolarmente significativi, compiuti al tramonto del venerdì, all’atto, cioè, di avvolgere il santo corpo con il lungo lenzuolo funerario.

E’ una sinossi intuitiva: pochi gesti rimasti fissati ed evidenziati da anomalie delle impronte, alcune non omologabili anatomicamente, fissati sul lenzuolo da quegli accostamenti e ripiegamenti del medesimo, consentiti dalla sua eccezionale lunghezza.

LE ULTIME MATERNE ATTENZIONI

Adagiata sulla mensa del sepolcro quella parte della Sindone santa che avrebbe accolto la parte dorsale del corpo del Signore e ripiegata l’altra parte su tutta la figura facciale, dal capo fino alla punta dei piedi, la Sindone fu accostata con premura alle varie parti, poi fasciata provvisoriamente in attesa della sepoltura finale, che di fatto non avvenne mai a causa della risurrezione.

Di questi accostamenti intenzionali, che hanno lasciato inconfondibili tracce sulla figura impressa, ecco i più significativi.

Il calco della ferita del costato, all’altezza della quinta e sesta costola, con tutta la colatura della fuoriuscita di “sangue ed acqua”: non l’avremmo avuto se il lenzuolo fosse stato semplicemente adagiato su] corpo dell’Uomo della Sindone; per convincersene si pensi alla posizione anatomica del braccio, piegato sul mesogastrio [15], e quindi vicino alla ferita; si pensi anche all’affondamento naturale dell’emitorace, per concludere che solo un accostamento intenzionale del lenzuolo avrebbe potuto causare la formazione del meraviglioso calco e permettere a noi, in qualche modo, la visione nitida della quinta piaga del Salvatore.

La controprova di questo accostamento del lenzuolo e lo spostamento anormale della figura dell’avambraccio destro, in basso e all’esterno, e il suo allungamento, di circa 20 centimetri, a causa delle pieghe del lenzuolo prodotte dal rincalzo del medesimo sulla mano sinistra sovrastante, e conseguente interruzione della colatura di sangue, che dal carpo è sceso fino al gomito. Soltanto questa interruzione comporta un allungamento di circa 7 centimetri della figura dell’avambraccio destro.

Il foro del chiodo della mano destra nascosto dalla mano sinistra raggiunto intenzionalmente. E’ nota l’eccessiva lunghezza dell’impronta dell’avambraccio destro: essa è dovuta all’accostamento intenzionale del lenzuolo ai lati della mano sinistra sovrapposta e al rincalzo del medesimo in corrispondenza del pollice in opposizione. Questo, infatti, si veniva a trovare esattamente sulla ferita del carpo destro sottostante. Il lenzuolo è stato accostato a questa ferita sollevando leggermente la mano sinistra sovrastante, procurando quindi, anche un ripiegamento del lenzuolo. Ne è prova il raddoppiamento di quella losanga di sangue, partente dalla ferita del chiodo. Mentre la parte a contatto immediato con il rivolo di sangue è molto accentuata, quella avvenuta attraverso la piega del lenzuolo, per osmosi, risulta più sbiadita. Il conseguente sviluppo lineare della mano sinistra fasciata dal lenzuolo si è ripercosso nell’impronta della sottostante mano destra, che risulta allungata di circa 14 centimetri dal restante avambraccio.

Accostamento al femore destro: è un gesto che è suggerito dalla foto facciale e dorsale della Sindone all’altezza del femore destro.

Le impronte sono di natura complementare e fanno intuire un rincalzo del lenzuolo superiore, coperto poi dal risvolto di quello inferiore, che ci ha lasciato questa particolarità: l’impronta femorale anteriore, ora che il lenzuolo è teso, si estende notevolmente all’esterno, avendo avuto maggiore superficie di contatto, a causa del rincalzo.

Pieghe laterali del lenzuolo nel terzo inferiore delle tibie. Altro “intervento” degno di nota si intuisce nel terzo inferiore delle tibie [16], nell’impronta facciale: il lenzuolo è stato ripiegato lateralmente; ne è prova schiacciante il rilievo di carattere mensurale delle tibie. Questo rilievo è in favore di un’azione esercitata sulla Sindone all’altezza, appunto, del terzo inferiore; l’azione dovette consistere nel ripiegare più volte il tessuto in senso laterale a causa della sua misura sovrabbondante: ciò ha procurato un allungamento eccessivo dell’impronta facciale delle tibie. Infatti, mentre l’impronta dorsale delle medesime, che si presenta continua, ci dà una misurazione di circa 36,4 centimetri, quella dell’impronta facciale presenta una misurazione di circa 51 centimetri, non omologabile anatomicamente, ma con la caratteristica di presentarsi interrotta nel terzo inferiore e con delle tracce laterali che hanno tutta l’apparenza di essere residui di sostanze in polvere, depositati nelle pieghe stesse nell’atto del ripiegamento della stoffa: dopo le ore della sepoltura, i vari fenomeni di vaporigrafia [17], si dovettero fissare nella trama del tessuto e si presentano, tuttora, all’esame visivo, come ombreggiature.

Queste, in breve, risultano alcune delle più significative eccezioni e singolarità, che l’esame interno della santa Sindone ha messo in evidenza, come una “lettura” rivelatrice di una realtà che si è dimostrata in piena armonia con il racconto evangelico della passione e morte di Cristo.

LA SEPOLTURA RISULTA MISTERIOSAMENTE INTERROTTA

Siamo dunque alla prova pressoché definitiva dell’autenticità della Sindone? Certamente siamo al punto di escludere in modo assoluto l’opera di un falsario del pennello o di un plagiatore di esperimenti, trattandosi di flagellazione vera, di vera coronazione di spine, di vera crocifissione, di vero colpo di lancia inferto al costato di un cadavere appeso alla croce.

La stessa sepoltura risulta misteriosamente interrotta: il perfetto decalco del sangue sulla stoffa, decalco che si verifica “quando la fibrina [18] è sciolta a metà, né prima né dopo” (Vignon) starebbe a dimostrare che il fenomeno di fibrinolisi [19], anch’esso ritmato con il tempo, fu interrotto dopo alcune ore di contatto. Quindi, se dagli esami biochimici delle impronte dovesse risultare che si tratti di vero sangue, che ha mantenuto la sua colorazione tipica carminio-malva sbiadita, per la presenza di aloe e mirra in un lenzuolo assoggettato ad intenso calore —esperimenti di Vignon e di altri—, se il processo di fibrinolisi consente di spiegare il perfetto decalco del sangue, coagulato o rappreso, nei limiti di tempo ben precisi della provvisoria sepoltura, la convergenza dei dati esperiti, alcuni dei quali irripetibili con il pennello, come quello del negativo fotografico e della coagulaziane del sangue —di sangue vero— decalcato sulla stoffa, ci farà concludere che l’Uomo della Sindone è quel Gesù di cui parlano i vangeli; dati che escludono qualunque altro cruciario della storia, per il quale le probabilità, allo stato attuale delle ricerche, sono talmente sfumate, che si rasenta il ridicolo solo ad ipotizzarle.

GLI ESPERIMENTI FOTOGRAFICI  SULLA SINDONE

E’ noto universalmente come il processo fotografico, applicato per la prima volta nel 1898 a Torino dall’avv. Secondo Pia, rivelò il fatto, insospettato da secoli, che l’impronta sul lenzuolo era un negativo fotografico, inimmaginabile per un presunto pittore-falsario del medioevo… e tanto meno di epoca anteriore.

La negatività fotografica fu confermata dal secondo esperimento fotografico eseguito con tecnica perfetta dal comm. Giuseppe Enrie nel 1931 e dal fotografo ufficiale dott. G. Battista Judica Cordiglia, nel 1969, con processi fotografici a colori e all’ultravioletto. La ricerca sindonica ha fatto enormi progressi nell’ambito della “lettura” del documento stesso, in virtù di quanto l’ “occhio fotografico” ha saputo rivelarci.

Un altro esperimento è stato effettuato dal dott. Lynn, a Pasadena, e da Jackson e Jumper a Colorado Springs, affidando al computer le foto della Sindone. Più che di elementi nuovi parlerei di conferme, in quanto il computer ha facilitato moltissimo la lettura dell’impronta sindonica senza portare “novità” in assoluto, ma contribuendo ad identificare l’Uomo della Sindone con il Gesù descritto dai vangeli.

Sottoposte allo scanner [20] o microdensitometro, le foto del 1961 e 1969, sono state “scomposte” per consentire l’elaborazione dei dati, ad esempio la purificazione dell’immagine, sottraendo la trama del tessuto e gli elementi di disturbo (assai evidenti nella foto all’ultravioletto), per darci un’immagine “purificata”.

Certamente se si potesse applicare direttamente sulla santa Sindone, e non soltanto sulle foto, questo metodo darebbe risultati eccellenti, tanto più se questa esperienza fosse preceduta e accompagnata da ricerche microanalitiche in zone ben precisate da una mappa topografica della Sindone; il concorso delle varie analisi, chimiche, biochimiche, spettroscopiche della immagine, consentirebbero di interpretare la reale corrispondenza quantitativa e qualitativa dei valori: sostanza, quantità, distanza, e altre variabili, che hanno effettivamente concorso alla genesi delle impronte. Si potrebbero, così, anche migliorare le coordinate cartesiane “ipotizzate” da Jackson e Jumper, limitate, per ora, a intensità e presunta distanza, ed ottenere, forse, un’immagine tridimensionale ancora più perfetta. Comunque, quello che per ora si può affermare come elemento nuovo e positivo delle ricerche, e che la tridimensionalità —oltre alla negatività dell’impronta sindonica già nota dalle precedenti foto— è una caratteristica specifica della Sindone, e conferma la presenza volumetrica di un soggetto avvolto nel lenzuolo. Ciò esclude assolutamente l’intervento di un pittore la cui opera avrebbe dato come risultato un’immagine piatta  — com’è risultato per esempio sulla bella riproduzione del Reffo—. Le impronte sindoniche non sono manufatte: questa conferma viene dal computer. Resta da conoscere meglio il processo formativo delle impronte: in più parti si stanno conducendo interessanti esperimenti al riguardo.


[1]  Membrana sierosa nella quale è avvolto il cuore.

[2] E’ l’osso che completa posteriormente la scatola cranica.

[3] Punto di riferimento del cranio sito superiormente e anteriormente.

[4] Fuoriuscita di sangue al di sotto della pelle, in questo caso, motivo di un trauma (urto con il terreno).

[5] L’esito di un trauma della testa. La sollecitazione a cui sono sottoposti i tessuti cerebrali può comportare perdita della coscienza e altri disturbi funzionali più o meno gravi. In questo caso, appunto, avrebbe potuto significare la fine dell’esecuzione.

[6] Cioè il pollice è fortemente ripiegato verso il palmo della mano, secondo l’A. in seguito alla lesione del nervo mediano che passa appunto attraverso il carpo per poi innervare parte della mano.

[7] Grave caduta della pressione sanguigna determinata dalla posizione eretta del corpo in particolari condizioni.

[8] Cioè non vi era sostegno per il tronco tra le due cosce.

[9] La giunzione tra sterno e clavicola.

[10] E’ uno stato transitorio, simile ad una contrattura di tutti i muscoli dell’organismo. Inizia non molto tempo dopo la morte (da pochi minuti a 6-7 ore).

[11] La frattura delle ossa delle gambe del condannato.

[12] L’A. vuole sottolineare le caratteristiche diverse di questo sangue, già in parte coagulato, fuoriuscito appunto dopo la morte.

[13] La parte liquida del sangue dalla quale non è stata separata la fibrina. L’A fa notare che il sangue fuoriuscito dalla ferita della lancia è più ricco di plasma perché la parte corpuscolata (cioè soprattutto i globuli rossi) è già sedimentata nella cavità cardiaca.

[14] Edema: raccolta di liquido nei tessuti, che appaiono gonfi e imbibiti . Ipostasi cadaverica: per forza di gravità il sangue tende ad accumularsi nelle parti inferiori del cadavere.

[15] Regione centrale dell’addome in cui è sito l’ombelico.

[16] Tibia: osso della gamba.

[17] Sostanze liquide dell’organismo, evaporando col tempo, avrebbero lasciato qualche traccia nel tessuto.

[18] Proteina che si forma durante il processo di coagulazione de1 sangue. E’ una sostanza compatta, gelatinosa. elastica, insolubile in acqua e in alcool.

[19] Fenomeno in seguito al quale il sangue si rende incoagulabile, cioé non si rapprende.

[20] Selezionatore elettronico che consente di separare l’uno dall’altro i colori fondamentali di una fotografia, di una diapositiva o di qualsiasi altra immagine.